admin on Aprile 7th, 2012
Mi succede da sempre di svegliarmi al mattino con qualche idea, con qualche immagine, con qualche pensiero che spesso fa chiarezza su situazioni o problemi anche complessi. Banale, succede a tutti. Ma ieri mattina, venerdì 6 aprile 2012 non era un venerdì come tutti gli altri. Per un cattolico era un venerdì particolare, il cosiddetto venerdì santo, quello in cui si celebra la crocifissione di Gesù e io mi sono svegliato con l’immagine del Golgota con le tre croci piantate sulla cima: Cristo crocifisso fra i due ladroni. Dopodiché l’immagine si è immediatamente arricchita, i due ladroni diventavano quattro, otto, sedici … in una sorta di rapido elevamento a potenza. Provando a mettere a fuoco le facce comparivano sempre più distinte quelle più à la page, con la camicia verde, ma non solo quelle. Camicie variopinte. Il mondo politico era chiaramente in prima linea – tutto, con esemplari più o meno coinvolti in faccende sempre vergognose – ma – inevitabilmente – si aggiungevano altri soggetti in una sorta di fiera dei ladri, dei mafiosi, degli speculatori, dei truffatori, degli evasori, dei corruttori e dei concussori fino ai più luridi mistificatori. Ma anche il crocifisso centrale assumeva un po’ per volta volti sempre nuovi, in una sorta di grande spettacolo del traformismo: le facce terrorizzate ma decise a resistere dei siriani grandi e piccoli, donne e uomini, dei disoccupati, dei cassintegrati e dei licenziati, dei bambini inglesi che la sera non hanno niente da cena. Basta. Chiudo con questi elenchi. Rischierei di dimenticarne chissà quanti di questi Cristi crocifissi in “questo mondo di ladri” del nostro favoloso e tecnologico pianeta. Aggiungeteli voi, li conoscete benissimo. Volevo solo dare qualche spunto. Ma prima del Golgota c’era stato il Sinedrio e il protagonista lì fu Ponzio Pilato, il politico che non si assume la responsabilità. Avrebbe il potere e non lo esercita per non perdere il consenso. Quanti ce ne sono? Beh… anche qui la faccia del governatore romano assumeva migliaia… milioni di volti di quelli che quando il potere ce l’hanno non lo esercitano, potrebbero far cambiare le cose e si astengono. Non prendono posizione e rinunciano a votare. Preferiscono stare alla finestra e, al massimo, sussurrare che “loro sì, saprebbero come fare”. Sì proprio come Pilato: “giudicatelo voi”. Lasciare un po’ vigliaccamente agli altri l’onere di scegliere, di decidere da che parte stare. Per fortuna che lungo il cammino verso il Calvario, Gesù non fu lasciato solo. Le “pie donne”, il Cireneo, la Veronica. Anche i poveri Cristi che affrontano oggi il loro quotidiano calvario non sono del tutto soli. Le pie donne, il cireneo, la veronica cominciavano a trasformarsi e a moltiplicarsi assumendo le sembianze di decine, forse centinaia di persone che  – poco o tanto – conosco: nonni e nonne che si prendono cura dei nipotini senza asili nido, padri e madri che ridistribuiscono le loro più o meno magre entrate tra i figli disoccupati o saltuariamente occupati, fino all’intero mondo del volontariato che assume su di sé compiti sempre più impegnativi.
Mi passava davanti il mondo, come in un film colossal, mi passava davanti la pellicola dell’umanità crocifissa. E un po’ provavo a calarmici anch’io con le mie paure, i miei egoismi e le mie modeste generosità. Il venerdì santo ritorna ogni anno: possiamo limitarci a riascoltare il racconto della Passione di un uomo, per alcuni figlio di Dio, per altri uomo e basta. Ma possiamo anche vedere riassunta in quella Passione la passione quotidiana dell’Umanità, con i suoi cristi, i suoi ladri, i suoi pilati, le sue pie donne e i suoi cirenei a portare la croce di qualcun altro. La fede apre dopo  tre giorni lo squarcio della risurrezione, la ragione richiama tutti, credenti e non credenti alla responsabilità. Che sia la stessa cosa?
Buona Pasqua a tutti!
Mi succede da sempre di svegliarmi al mattino con qualche idea, con qualche immagine, concroci qualche pensiero che spesso fa chiarezza su situazioni o problemi anche complessi. Banale, succede a tutti. Ma ieri mattina, venerdì 6 aprile 2012 non era un venerdì come tutti gli altri. Per un cattolico era un venerdì particolare, il cosiddetto venerdì santo, quello in cui si celebra la crocifissione di Gesù e io mi sono svegliato con l’immagine del Golgota con le tre croci piantate sulla cima: Cristo crocifisso fra i due ladroni. Dopodiché l’immagine si è immediatamente arricchita, i due ladroni diventavano quattro, otto, sedici … in una sorta di rapido elevamento a potenza. Provando a mettere a fuoco le facce Continua »
admin on Febbraio 27th, 2012
C’è qualcosa che non quadra in questo processo che sembra avviarsi rapidamente sulla scorta di molte sollecitazioni più o meno sincere. Sì, perché dopo la dichiarata inammissibilità del referendum, molti parlamentari – e non solo – si sono affrettati a riconoscere che non poteva essere ignorata la richiesta di oltre un milione e duecentomila firmatari. Non ha potuto farne a meno neppure Celentano nel suo predicozzo sanremese. Certo che suona abbastanza strano sentire oggi molti rappresentanti del centro destra che a suo tempo votarono e sostennero la “porcata”, dire oggi che bisogna cambiarla. E mi riesce – francamente – difficile credere a queste belle intenzioni.
E il PD? Aveva pronto un disegno di legge, E con quello di base va ora alla trattativa. Sembra però molto disponibile nei confronti di chi vorrebbe ripristinare un “sano” proporzionale … Personalmente un ritorno alla situazione precedente al referendum del 1993 lo riterrei un vero passo indietro in tema di governabilità. Mi basta pensare ai governi della cosiddetta prima repubblica che avevano una durata media di sei mesi.
Correttezza vuole che il discorso cominci dalle richieste dei referendari e dallo sforzo di interpretare il comune sentire di quanti vanno a votare con convinzione e di quanti forse potrebbero tornarci a patto di non trovarsi fra le mani una scheda elettorale contraddittoria con le volontà più volte espresse.
Prima volontà: scegliere i propri rappresentanti. L’orientamento sembra – invece – essere quello di escludere le preferenze. Niente preferenze e collegi uninominali. Le ragioni sono sintetizzabili nel timore del voto di scambio. Mi piacerebbe di capire, però, perché il voto di scambio non è possibile in un collegio uninominale.
Seconda volontà: sapere chi governerà … personalmente … più che chi, mi interesserebbe sapere che cosa ha intenzione di fare. E quindi la priorità dovrà essere il programma
Ciò che non mi piace è che non se ne parli nei luoghi deputati, cioè nei circoli del PD. Su un argomento come questo che ha visto la società civile come protagonista,
C’è qualcosa che non convince in questo processo che sembra avviarsi rapidamentescegliere sulla scorta di molte sollecitazioni più o meno sincere. Sì, perché dopo la dichiarata inammissibilità del referendum, molti parlamentari – e non solo – si sono affrettati a riconoscere che non poteva essere ignorata la richiesta di oltre un milione e duecentomila firmatari. Non ha potuto farne a meno neppure Celentano nel suo predicozzo sanremese. Certo che suona abbastanza strano sentire oggi molti rappresentanti del centro destra che a suo tempo votarono e sostennero la “porcata”, dire oggi che bisogna cambiarla. E mi riesce – francamente – difficile credere a queste belle intenzioni.
E il PD? Aveva pronto un disegno di legge, E con quello di base va ora alla trattativa. Sembra però molto disponibile nei confronti di chi vorrebbe ripristinare un “sano” proporzionale che mi fa pensare ad un ritorno alla situazione precedente al referendum del 1993: un vero passo indietro in tema di governabilità. Mi basta pensare ai governi della cosiddetta prima repubblica che avevano una durata media di sei mesi.
E ora non dimentichiamo quell’atmosfera di antipolitica montante che si è spesso tradotta in percentuali di astensionismo sconosciute in Italia. Anche per questo qualsiasi riforma del sistema elettorale deve cominciare dalle richieste di quel milione e duecentomila referendari e dallo sforzo di interpretare il comune sentire di quanti vanno a votare con convinzione e di quanti potrebbero tornarci a patto di non trovarsi fra le mani una scheda elettorale contraddittoria rispetto alle volontà più volte espresse.
Prima volontà: scegliere i propri rappresentanti. L’orientamento sembra – invece – essere quello di escludere le preferenze. Niente preferenze. Largo ai collegi uninominali. Le ragioni sono sintetizzabili nel timore del voto di scambio. Vorrei capire, però, perché il voto di scambio non è considerato possibile in un collegio uninominale nel quale il candidato (unico) viene scelto dall’establishment del partito. Voto di scambio uguale corruzione: questa prassi può essere esercitata da singoli candidati come dai capi partito. Credo che davanti a tutto debba stare l’attenzione dei partiti nell’isolare ed espellere dal proprio interno le cosiddette “mele marce”. Prima ancora che giungano ad ottenere una qualsiasi candidatura. Dopodiché per il cittadino elettore resta l’imperativo “scelgo”. A questo imperativo si ottempera o nel momento del voto, se si possono esprimere le preferenze o con delle sane primarie senza tanti se e senza tanti ma.
Seconda volontà: sapere chi governerà. Personalmente … più di chi, mi interesserà il programma.discutere Per questo, ovviamente, sarà necessario un processo partecipato.partecipare Il più possibile “dal basso” senza che gli “alti” debbano, per questo, sentirsi sminuiti o esautorati. Ma su questo sarà opportuno tornare fra pochissimo dal momento che il governo Monti è, così si dice, a tempo determinato e sul “dopo” sarà meglio aprire un serio dibattito con e nella base, pena una diaspora che nessuno vuole a parole, ma paradossalmente viene coltivata nei fatti. Un dopo che vuol dire “chi vogliamo essere”, “che cosa vogliamo fare” e “con chi stiamo” per realizzare un progetto credibile. Anche per questo non è più presto e bisogna darsi da fare con lena.
Tornando alla legge elettorale, non è accettabile che non se ne parli nei luoghi deputati, cioè nei circoli del PD. Su un argomento come questo che ha visto la società civile e tanti iscritti come protagonisti, sarebbe un bel segno da parte dei dirigenti politici provocare al massimo l’innalzamento del livello di partecipazione.
Coraggio! Diamoci una mossa!
admin on Dicembre 27th, 2011
Le feste natalizie hanno lasciato un po’ nell’ombra l’intervista che il ministro dell’Istruzione dell’università e della ricerca Francesco Profumo ha rilasciato a Repubblica (link).
Tutto va preso con le molle. Questo governo ha il tempo contato e perciò anche le dichiarazioni del ministro non possono avere il valore dell’oro colato, ma …
Punto uno: si ha finalmente la sensazione di sentir parlare un essere umano, realisticamente incarnato nella realtà di cui è, da poco più di un mese, piombato come responsabile al massimo livello, la scuola italiana. Nel positivo di uno sguardo aperto al presente e al futuro, nella capacità e nell’umiltà del guardarsi intorno per captare ciò che si sperimenta vicino e lontano, nel negativo di un contingente poverissimo di risorse.
Punto due: non si nasconde l’importanza di avere a disposizione insegnanti bravi, motivati e giustamente gratificati. Non sfugge al lettore attento che il primo argomento affrontato è la ripresa dei concorsi, senza ledere i diritti di chi da anni popola interminabili graduatorie finite per essere elenchi dell’eterno rinvio. Non saranno molti i posti rispetto alla lunga coda dei pretendenti, ma non si potrà negare ai giovani più preparati, di mettersi in gara. Anche perché, nella scuola c’è bisogno di giovani e di anziani, di donne e di uomini, di persone ricche di esperienza e di altre con la voglia di farsela e la freschezza degli studi recenti.
Punto tre: è ben presente al ministro il problema del prestigio della categoria. Un prestigio che si misura in molti modi, non ultimo il livello dello stipendio. E l’idea di una valutazione che incida sulla retribuzione mi pare molto sensata.
Il punto quattro merita una breve premessa. Qualche giorno prima delle vacanze natalizie sono andato a ritirare da scuola la mia prima nipote che frequenta la prima media e, vedendola trascinare il trolley stipato di libri, quadernoni, astucci e attrezzi vari, mi è venuto in mente il mio iPad … e molte discussioni in famiglia e con qualche amico proprio sulla funzione di tablet e notebook nella scuola di oggi. Nel mondo le esperienze si sprecano, e solo se ci penso un poco, anche a me, maestro in pensione, vengono in mente moltissime situazioni e una progettualità complessiva che porterebbe ad una enorme riduzione del “cartaceo” se non alla sua pressoché totale scomparsa.
Siccome, fortunatamente, io vivo in un giro di “bastiancontrari”, molti amici mi hanno fatto notare i lati negativi dell’operazione… Un primo elenco è presto fatto:
Ma per studiare bisogna sottolineare i brani più importanti …
E il costo? Quanto costa un tablet? E addirittura un notebook? e chi li paga? il ministro?
E tutte le case editrici di libri scolastici che fine fanno? Quanta disoccupazione si prospetta dietro una operazione del genere!
E … con in mano un notebook o un tablet … questi ragazzi possono accedere ad altri siti e fare ben altre cose … altro che studiare”!
Domande legittime, per quanto un po’ ingenue.
Beh… io le risposte e le proposte le ho tutte.
Alla prossima! E intanto, un bel voto al signor Ministro! Se trova due soldi, non ci ripensi: change, we can!

scuola tablet

Le feste natalizie hanno lasciato un po’ nell’ombra l’intervista che il ministrodell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Francesco Profumo, ha rilasciato a Repubblica (ascolta e guarda o leggi).
Tutto va preso con le molle. Questo governo ha il tempo contato e perciò anche le dichiarazioni del ministro non possono avere il valore dell’oro colato, ma …
Punto uno: si ha finalmente la sensazione di sentir parlare un essere umano, realisticamente incarnato nella realtà nella quale è, da poco più di un mese, piombato, come responsabile al massimo livello: la scuola italiana. Nel positivo di uno sguardo aperto al presente e al futuro,
nella capacità e nell’umiltà del guardarsi intorno per captare ciò che si

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admin on Dicembre 2nd, 2011
bandiera europaNessuno sa come finirà, gli esperti sono cautissimi, la politica o tentenna o arretra, in realtà la finanza imperversa e la fa da padrona, fino al punto da prefigurare catastrofi di tipo politico istituzionale, contagiando anche alcuni capi di stato. Entro una settimana sapremo se l’Euro e l’Europa si salveranno oppure no. Così ci dicono i media.
Io non riesco a convincermi e, di conseguenza, a capacitarmi.
Mi pare un evento così enorme da inserire nel novero di quelli suscitati da fantasie fervide, ma strabiche. O interessate ad un vero e proprio sfascio che può essere coltivato unicamente per ragioni stupidamente ideologiche o finanziariamente illusorie o strumentalmente elettorali.
O per poter dire avevo ragione io.
Fortunatamente qualche persona seria anche in Italia si trova ancora e quasi tutti abbiamo capito chi è. Non l’abbiamo ancora scampata, ma stiamo correndo davvero un bel rischio. Lo spread va giù piano, ma il clima è un altro. Però il clima non basta e il difficile viene adesso nel passaggio dal dire al fare. Nel proporre riforme dure e difficili, che siano e vengano vissute come eque. Nel proporle in fretta. Facendo in  modo che un parlamento che ha votato una fiducia condizionata da molti essenziali distinguo, le approvi.
Un parlamento già in fibrillazione per via dei vitalizi.
Un parlamento che per approvare scelte dure come quelle che si prospettano, scelte “europee”, avrebbe bisogno del sostegno esplicito della pubblica opinione. Sarebbe necessario un risveglio popolare, un’attenzione nuova da parte di tutti verso questo nostro vecchio continente, questa nostra nuova patria dalla quale ci è stato insinuato che potevamo persino uscire, quando i nostri rappresentanti non erano capaci di concertare una politica comune per l’immigrazione. Come, da ormai vent’anni, gli stessi soggetti, accecati da un meschino egoismo territoriale, proclamano sguaiatamente la “secessione” della padania.
Ciò che fatico a capire sono i silenzi. Quello popolare innanzi tutto. Anche quello della web society. Sto pensando ai milioni di persone che ormai per lavoro o per turismo percorrono quotidianamente le rotte, le ferrovie, le autostrade del Continente, sto pensando agli studenti delle scuole superiori e dei progetti Erasmus che indifferentemente studiano e sostengono esami in forza di accordi e trattati volti a facilitare la nostra vita di cittadini europei presenti e futuri. Sto pensando alla semplificazione per tutti portata dalla moneta unica, dall’abbattimento dei confini, dalla sensazione di sentirsi dovunque a casa propria accolti dalla comune bandiera blu con dodici stelle in cerchio.
Non sarà che l’abbiamo data un po’ troppo per scontata questa Europa?
Sarà anche romantico, ma prima di abituarsi a certe profezie di malaugurio, sarebbe bene ripassare almeno il Manifesto di Ventotene. Chi non l’avesse mai letto si riservi per una volta il tempo necessario. Almeno il paragrafo sull’Europa.
Insomma non posso proprio pensare che domani crolli così, per pure ragioni finanziarie, un sogno che con fatica i popoli e i cittadini dell’Europa hanno ormai nelle vene. Forse senza saperlo.
Anche dell’Italia si disse centocinquanta anni fa “L’Italia è fatta, facciamo gli italiani”. Forse è l’ora di correre anche culturalmente ai ripari. Fare gli Europei.
Non c’è dubbio che intanto vi sono le urgenze che a Bruxelles, a Francoforte e nelle capitali degli stati più a rischio bisogna affrontare. Anche modificando i trattati. L’Europa ammalata ha bisogno di ingoiare medicine molto amare e si salverà se prima di tutto saprà darsi una vera politica economica e fiscale comune, ma non basterà. Occorrerà anche una nuova strutturazione istituzionale europea.  Questo il compito della politica. Fin qui siamo stati troppo timidi. Ci ha fatto paura la cessione di sovranità. Non abbiamo capito che cedendo la nostra sempre più debole, ne avremmo ottenuto in cambio una comune più forte.
E tutti faremo bene a studiare e a interessarci di più dell’Europa. Siamo andati già per troppe volte a votare con una consapevolezza insufficiente senza sapere per che cosa.
A scuola l’abbiamo studiata poco. Scampati dall’annegamento dovremo imparare a nuotare di nuovo, fin da piccoli. Nascendo con passaporto europeo, crescendo in una scuola che mescola e condivide le lingue e le culture e prepara insieme alla società la nuova mentalità democratica europea.
In bocca al lupo!
Euro e alfabetobandiera europa
Nessuno sa come finirà, gli esperti sono cautissimi, la politica o tentenna o arretra, in realtà la finanza imperversa e la fa da padrona, fino al punto da prefigurare catastrofi di tipo politico istituzionale, contagiando anche alcuni capi di stato. Entro una settimana sapremo se l’Euro e l’Europa si salveranno oppure no. Così ci dicono i media.
Io non riesco a convincermi e, di conseguenza, a capacitarmi.
Mi pare un evento così enorme da inserire nel novero di quelli suscitati da fantasie fervide, ma strabiche. O interessate ad un vero e proprio sfascio che può essere coltivato unicamente per ragioni stupidamente ideologiche o finanziariamente illusorie o strumentalmente elettorali.
O per poter dire avevo ragione io. Continua »
admin on Novembre 26th, 2011
Ero, sabato 19 e domenica 20 scorsi, all’Assemblea convocata da alcuni gruppi di laici cattolici da tempo attivi un po’ sotto traccia, con lo scopo di meglio coordinarsi e partecipare al dibattito politico nazionale. C’ero proprio a quell’assemblea che su Repubblica ha definito dei cattolici “anti Todi”.
“Anti” o “non anti”, in questa assemblea è emersa con chiarezza l’assoluta esclusione di una rinascita del partito cattolico. Conviene in ogni caso leggere direttamente il comunicato approvato in chiusura e farsi personalmente un’idea del significato che assume nel panorama politico nazionale di questi giorni che pare mutare così repentinamente.
Qualche pensiero mi sorge spontaneo, quasi prepotente. Il primo si sintetizza in una parola: finalmente! E dietro questa parola affiorano antichi entusiasmi, lunghi anni di deludente regressione, flebili ricorrenti speranze condite di incertezza, mentre qualche timido squarcio sembra ora aprirsi. Mi riferisco insieme ai tre capisaldi che costituiscono il nucleo di questa assemblea: Costituzione, Concilio e Cittadinanza.
Tre parole che si coniugano fatalmente insieme.
Quando i padri costituenti si misero al lavoro per regalarci quel capolavoro di Costituzione che abbiamo, io entravo in prima elementare e pochi anni dopo il mio maestro di quinta, con consapevole orgoglio, ci fece studiare a memoria i primi dodici articoli. Non contento, senza scomodare Montesquieu, fece illustrare a tutti noi su tre grandi cartelloni i tre poteri, cercando di farci capire che il potere legislativo, il potere esecutivo e l’ordine giudiziario, in un paese democratico sono separati. Peccato non averlo avuto tutti un maestro così! Uscivamo da vent’anni di dittatura. Era l’ora dell’entusiasmo. Che io vidi negli occhi di mio padre e ancor più di mia madre che, come tutte le italiane, per la prima volta il 2 giugno 1946 si recava, poco meno che cinquantenne, portandomi con sé, perché vedessi, alle urne.
Era ancora l’ora dell’entusiasmo, quando la sera dell’11 ottobre 1962 a Roma in piazza san Pietro risuonarono più che inattese, impensabili, le parole di papa Giovanni « Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la Luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare a questo spettacolo.» Una voce diffusa dai televisori in bianco e nero dei bar che, parola dopo parola, alimentava stupore, commozione ed entusiasmo: « La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato padre per volontà di Nostro Signore, ma tutti insieme paternità e fraternità è grazia di Dio (..) (…) Facciamo onore alle impressioni di questa sera, che siano sempre i nostri sentimenti, come ora li esprimiamo davanti al Cielo, e davanti alla Terra: Fede, Speranza, Carità, Amore di Dio, Amore dei Fratelli. E poi tutti insieme, aiutati così, nella santa pace del Signore, alle opere del Bene.» Fino al congedo che fece capire anche ai più semplici quanto si trovassero di fronte ad una Chiesa tutta nuova:
«Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza.» Così prendeva il via il Concilio Ecumenico Vaticano II.
Intorno a questi due pilastri si è poi svolta la vita di molti italiani, non solo cattolici, della mia generazione. Ognuno ha i suoi ricordi. Abbiamo sperimentato l’informazione libera, l’associazionismo, l’adesione a un partito, a un sindacato, la voglia di cambiare, di migliorare, di crescere, in tanti abbiamo provato sulla pelle la nobiltà e la fatica dell’applicazione dell’articolo 3, per “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” cominciando da noi stessi, la soddisfazione per i risultati raggiunti, le paure nelle fasi conflittuali, anche quelle terribili del terrorismo, i mutamenti culturali, l’evolversi della legislazione, fino ad assistere ai tentativi di modifiche stravolgenti, maldestre e scellerate della carta costituzionale.  Abbiamo anche visto crescere il raggio della nostra cittadinanza, sperimentando anche fisicamente la soppressione di molti confini, in Europa e non solo, insieme, ahimè, all’erezione di nuovi, anche all’interno del paese.
In tanti, dentro o fuori dalla comunità cristiana, abbiamo sperimentato l’emergere di un laicato consapevole, l’impegno nel mondo a favore dei poveri vicini e lontani, lo slancio ecumenico, le richieste di perdono, ma anche la difesa dei privilegi, la connivenza con il potere economico e politico, la chiusura pregiudiziale di fronte al nuovo, le marce indietro, il lungo silenzio dei laici cattolici.
A Roma appena una settimana fa ho partecipato a un evento che non si mette contro nessuno, ma raccoglie per una nuova consapevolezza, tutti quei cittadini e quelle cittadine che sono cresciuti, sono diventati “adulti” e, senza eccessive “deferenze” nei confronti delle autorità religiose o laiche che fossero, si sono alimentati alle fonti dei due eventi che, a poca distanza l’uno dall’altro hanno profondamente segnato la seconda parte del novecento.
È importante saperlo.

Non c’è solo Todi

Ero, sabato 19 e domenica 20 scorsi, all’Assemblea convocata da alcuni gruppi di laici cattoliciroma da tempo attivi un po’ sotto traccia, con lo scopo di meglio coordinarsi e partecipare al dibattito politico nazionale. C’ero proprio a quell’assemblea che  Repubblica ha definito dei cattolici “anti Todi”!
“Anti” o “non anti”, in questa assemblea è emersa con chiarezza l’assoluta esclusione di una rinascita del partito cattolico. Conviene in ogni caso leggere direttamente il comunicato approvato in chiusura e farsi personalmente un’idea del significato che assume nel panorama politico nazionale di questi giorni che pare mutare così repentinamente.
Qualche pensiero mi sorge spontaneo, quasi prepotente. Il primo si sintetizza in una parola: finalmente! E dietro questa parola affiorano antichi entusiasmi, lunghi anni di deludente regressione, flebili ricorrenti speranze condite di incertezza, mentre qualche timido squarcio sembra ora aprirsi. Mi riferisco insieme ai tre capisaldi che costituiscono il nucleo di questa assemblea: Costituzione, Concilio e Cittadinanza. Continua »
admin on Novembre 16th, 2011
E se fosse che stiamo tornando nella condizione di paese normale ? Che è finita l’era del fenomeno e dei fenomeni? Il dato che più volte quasi con un moto di sorpresa ci è stato sussurrato dai media, che cioè, oltre il 70% è contento che l’incarico di formare il governo sia stato affidato a Mario Monti mi induce con insistenza questo pensiero. Voglia di normalità.
Questa persona che transita in aeroporto senza codazzo, trascinando il suo trolley, si mette in coda con tutti gli altri aspettando il suo turno, che appena incaricato non salta su un predellino, che non ha bisogno di proclamare che ama l’Italia a reti unificate, che non annuncia di sentirsi l’unto del signore, che consapevole del peso che le sue parole possono avere in un momento come questo e si limita a dire “bella giornata, vero?” Che appena nominato senatore comincia andando nel suo luogo di lavoro a salutare i colleghi, e poi, scusandosi per la fretta e per il disturbo, si avvia spedito per sentire cosa ha da dirgli  il Presidente, non promette nulla, ricorda che il momento è grave e che ci sarebbe bisogno dell’impegno di tutti al massimo livello, che del suo essere credente non ne fa una bandiera, ma come tanti normali credenti, la domenica mattina va a messa con sua moglie, che proprio perché il compito è arduo, si mette al lavoro con lena in ufficio e non a casa sua, ascolta con disponibilità e pazienza i rappresentanti di ventuno partiti, anche quelli nati all’ultimo istante e solo al momento opportuno, dall’ufficio giusto, convoca una conferenza stampa e parla. Fa capire che non si sente l’uomo della Provvidenza quando dichiara che, non sapendo fare miracoli, dico io, un po’ di tempo gli servirà per contribuire a far rientrare sui binari questo paese deragliato, quello che la normalità della legislatura gli concede e cioè fino alla fine. E che non lo farà certamente da solo. Il suo desiderio di avere al fianco – già nel suo “ufficio” – i rappresentanti che contano della politica, questo significa. Pronto però a capire anche le ragioni – varie e diverse – del ritrarsi dei partiti. Ma guarda un po’! Nemmeno si scompone quando uno di questi partiti decide, con una maleducazione da ultimo dei buzzurri, di cavarsela con una telefonata. Un uomo che sa benissimo che l’Italia, con l’uomo dei miracoli e del “ghe pensi mi” è precipitata in un baratro. Ma un uomo che sa altrettanto bene che aveva ragione un altro uomo tanto diverso da lui, ma tanto “uomo” come lui, che ai suoi scolari di Barbiana insegnava che la politica “è sortirne insieme”.
Auguri professore!
Anche le istituzioni tornano a dare segni di normalità. Perché non è mica normale che tutti si sentano presidenti della repubblica e credano di poter decidere quando si deve andare alle elezioni, perché non è mica normale sostenere che il presidente del consiglio lo hanno eletto gli italiani e che una volta che ha occupato palazzo Chigi deve stare lì in nome del popolo sovrano anche se invece di lavorare per il bene dell’Italia, lavora per sé e per i suoi affari. Non è mica normale che il popolo sovrano faccia capire con mille segnali che è ora di “basta” e, ricordando soltanto il risultato elettorale di quattro anni prima, si pretenda di non cambiare registro!
Ma qui il problema si sposta su un parlamento che più che di eletti è di nominati, di parlamentari in gran parte asserviti al padrone e che non sentono il dovere di ascoltare gli elettori. Di qui la fatica del parlamento ad esercitare la sua funzione. Quella di avere il polso della situazione e di rappresentare realmente il popolo sovrano come la costituzione richiede.
Ebbene, questo passaggio ci restituisce anche questa realtà. Quella della realtà costituzionale e della forza delle regole più forte della supponenza, dell’arroganza, dell’ipocrisia, dell’ignoranza, dell’inganno.
Grazie ad un signore assolutamente normale che in tutti questi anni non ha mai perso la pazienza, non ha mai perso l’aplomb, non si è mai lasciato andare a scatti d’ira anche quando la situazione avrebbe potuto giustificarlo. Un signore che non si è mai lasciato intimorire e ha saputo usare con responsabilità e maestria i suoi poteri, anche ora, senza debordare di un millimetro.
Grazie presidente!
Chissà che non abbiamo riscoperto la bellezza della normalità … Normalità, mica mediocrità.
E se fosse che stiamo tornando nella condizione di paese normale ? Che è finita l’erasondaggio monti del fenomeno e dei fenomeni? Il dato che più volte quasi con un moto di sorpresa ci è stato sussurrato dai sondaggisti, che cioè, sono tanti ad essere contenti che l’incarico di formare il governo sia stato affidato a Mario Monti, mi induce con insistenza questo pensiero. Voglia di normalità.
Questa persona che transita in aeroporto senza codazzo, trascinando il suo trolley, si mette in coda con tutti gli altri aspettando il suo turno, che appena incaricato non salta su un predellino, che non ha bisogno di proclamare che ama l’Italia a reti unificate, che non annuncia di sentirsi l’unto del signore, che consapevole del peso che le sue parole possono avere in un momento come questo e si limita a dire “bella giornata, vero?” Continua »
admin on Novembre 14th, 2011
Mi sono svegliato, stamattina con il pensiero rivolto ad un confronto telefonico, proprio ieri sera mentre scorrevano sui video di casa, sugli smartphone, sui tablet collegati con le dirette da piazza Colonna davanti a palazzo Chigi e poi dalla piazza del Quirinale le immagini della folla accorsa – con qualche tricolore – per scattare immagini di un momento, per stappare una bottiglia di spumante, per gridare la propria rabbia, per esternare il sollievo che si prova di fronte alla liberazione da un peso insostenibile o anche solo per poter dire da domani “io c’ero”.
“Non è possibile, gridava il mio interlocutore, non c’è niente da festeggiare! Siamo qui ancora con tutti i nostri problemi. La crisi c’è ancora tutta, i cassintegrati, i licenziati, i giovani e gli adulti disoccupati, le famiglie che non arrivano alla fine del mese e ora sono anche preoccupate del destino dei loro piccoli gruzzoli e non scorgono speranze per il futuro dei figli e dei nipoti. Tutto questo è ancora qui, non è svanito nel nulla… “
Vero, tutto vero.
Ma dentro di me che, invece, avrei voluto essere parte di quella folla, si accavallavano i pensieri e cercavo faticosamente di rispondere.
“È un primo passo, è la rimozione di un ostacolo, lascia che stappino! Lascia che gridino. Non se ne poteva più! E stappa anche tu”! Sono botti che non fanno male e se galvanizzano un popolo che abbiamo tacciato mille volte di essere ipnotizzato, indifferente,  antipolitico, ben vengano.
Certo, festa breve, semplice, spontanea, di pochi attimi, nessuno squallido party, ma la soddisfazione per aver sgombrato la strada dalla valanga è più che legittima.
Non era quella la cosa più difficile, ma che fatica!
Una fatica di cui nessuno ha il diritto di appropriarsi pensando che il merito sia soltanto suo…
In molti hanno sbadilato.
Sì, anche in Parlamento, dove sembrava che non accadesse mai nulla, ma sappiamo che il rispetto delle regole in democrazia è essenziale, anche nei confronti di chi le prova tutte per stravolgerle, anche di chi usa il voto per far diventare Ruby Rubacuori figlia di Mubarak, di chi, ponendo per oltre cinquanta volte la fiducia, impedisce ai parlamentari di fare il loro mestiere che è quello di parlare, discutere, prima di votare.
E Fini (quello con la maiuscola)? Non voglio sapere i suoi fini (quelli con la minuscola), ma un bel colpetto per la riduzione della maggioranza lo ha dato anche lui, insieme a qualcun altro. E i titubanti? Sì quelli che un giorno mi dimetto e il giorno dopo aspetto un altro po’? Non certo esempi di coerenza, ma sicuramente sintomo di disagi – magari non sempre confessabili – ma sempre fonte di preoccupazione per i Verdini hanno dovuto rincorrerli, imbonirli, convincerli…
Ma anche i sindacati e le organizzazioni di categoria che non metto alla pari, ma in essi vedo comunque rappresentato il mondo del lavoro, con le sue contraddizioni, con le divisioni, ma anche con gli accordi difficili e pericolose per un governo che non ha mai voluto sporcarsi le mani tuffandosi nelle questioni più spinose come avrebbe dovuto, nascondendo la testa sotto la sabbia di fronte agli operai in cima alle gru. Se a qualche sindacato va rimproverato l’attestarsi troppe volte sulla difesa dei già tutelati, alle rappresentanze dei datori di lavoro va rimproverato il madornale ritardo nell’accorgersi e nel voler capire con quale velocità il governo Berlusconi portava l’economia reale del Paese verso il baratro. Lo testimonia persino il titolone del loro giornale di giovedì scorso: quel “FATE PRESTO” a caratteri cubitali che sapeva quasi di necrologio. Alla fine si sono svegliati pure loro.
E gli elettori? Loro hanno fatto realmente la loro parte, con chiarezza. Noi che siamo gentili diciamo flebilmente che hanno dato un segnale. I risultati elettorali di Milano,Torino, Napoli, Bologna, Cagliari e dico solo dei recentissimi e delle città più grandi, sono state autentiche sberle – altro che segnali – nei confronti di chi continuava a ripetere lo stanco ritornello del popolo sovrano, senza voler capire che il popolo sovrano, con l’elezione, non firma una cambiale in bianco a nessuno.
Ma non basta, perché ci sono stati tre referendum nel frattempo che hanno dato voce ai cittadini i quali non hanno esitato a recarsi alle urne e a segnalare con chiarezza quel che volevano che era proprio l’esatto contrario degli intendimenti del governo. Privatizzazione di un bene di tutti come l’acqua? No, grazie! Energia nucleare? No, grazie! Legittimo impedimento? No. Legge uguale per tutti!
Da quel successo ha preso lo slancio giusto la proposta di referendum per abrogare la legge elettorale. Risposta: più di un milione e duecentomila cittadini sono corsi a firmare, in meno di un mese.
E poi i movimenti a presidio dei valori più alti, minacciati dalle leggi ad personam, dai provvedimenti mirati a censurare, a far tacere, ad assopire, a complicare e rendere inefficace il compito della giustizia, a svilire ed umiliare intere categorie di cittadini, dalle donne, agli studenti, agli operai che per farsi ascoltare senza riuscirvi sono saliti sui tetti e sulle gru, ai sindaci di ogni colore lasciati senza risorse a far fronte ai bisogni sempre crescenti delle fasce sociali più delicate, ai migranti trattati come delinquenti solo per il fatto di essere giunti senza il visto.
Anche i partiti di opposizione hanno gradualmente preso in mano la situazione e si sono concentrati sull’obiettivo. Hanno capito molto semplicemente che l’unione fa la forza e che in momenti come quello presente ognuno deve rinunciare a qualcosa.
Persino la chiesa italiana non ha più potuto tacere. Con uno stile che consente troppo spesso e troppo facilmente di chiamarsi fuori, ma “a buon intenditor poche parole”, ha dichiarato che era ora di cambiare aria.
E infine l’Europa, perché la situazione italiana rischiava, per il peso non certo marginale del nostro Paese, di trascinare nel baratro tutto il continente. Quegli impressionanti dati quotidiani provenienti dalle borse, lo spread, il differenziale fra il costo del nostro debito e di quello tedesco è diventato familiare e saliva, saliva… Ma il nostro governo sembrava non prenderlo sul serio… Siamo diventati inaffidabili. L’Europa, anche questa Europa un po’ sconclusionata ha realizzato che non servivano i risolini e ci ha preso per mano. Ci ha imposto anche i tempi, non ha perso la calma e, mentre qualcuno faceva osservare al Presidente del consiglio che anche le sue aziende incominciavano a sprofondare e forse avrebbe fatto bene a tornare ad occuparsene, dall’Europa hanno preso il toro per le corna e cercato le connessioni più credibili, davanti a tutti il presidente della Repubblica che appena ha potuto, ha agito.
Sabato sera la gente ha anche capito che doveva dirgli grazie.
E adesso? Tutti a ricostruire guardandosi bene le spalle per non passare dallo stappare a farci stoppare … Perché con la Lega in prima fila, non pochi penseranno a remare contro. Sono quelli che non pensano all’Italia, ma solo al proprio interesse personale, anche al loro futuro politico. Loro, i maestri del dividere. Dovranno pur dire che anche Monti non è riuscito a fare nulla?
Attenti quindi a chi boicotta. Perché la lezione di questo lungo periodo di democrazia in pericolo non l’hanno imparata tutti, nemmeno tra i cittadini, nemmeno nell’opinione pubblica.
Qualcuno pensa ancora che sia meglio un padrone… Noi ne abbiamo avuto abbastanza. Vade retro.
Mi sono svegliato, stamattina, con il pensiero rivolto ad un confronto telefonico,FOLLAavvenuto ieri sera mentre scorrevano sui video di casa, sugli smartphone, sui tablet collegati con le dirette da piazza Colonna davanti a palazzo Chigi e poi dalla piazza del Quirinale le immagini della folla accorsa – con qualche tricolore – per scattare immagini di un momento, per stappare una bottiglia, per gridare la propria rabbia, per esternare il sollievo che si prova di fronte alla liberazione da un peso insostenibile o anche solo per poter dire da domani “io c’ero”.
“Non è possibile, gridava il mio interlocutore, non c’è niente da festeggiare! Siamo qui ancora con tutti i nostri problemi. La crisi c’è ancora tutta, i cassintegrati, i licenziati, i giovani e gli adulti disoccupati, le famiglie che non arrivano alla fine del mese e ora sono anche preoccupate del destino dei loro piccoli gruzzoli e non scorgono speranze per il futuro dei figli e dei nipoti. Tutto questo è ancora qui, non è svanito nel nulla… “
Vero, tutto vero. Continua »
admin on Ottobre 6th, 2011
Ho avuto l’opportunità e, forse la fortuna, in questo ultimo week end, di incontrare alcune persone che mi hanno particolarmente colpito per le cose che hanno detto o scritto. Desidero farne parte con voi, se avrete voglia di seguire l’itinerario che propongo. Non pretendo condivisione, ma chi avrà voglia potrà, se vorrà, anche commentare.
Guarda caso sono tre donne e, in un momento in cui si enfatizza molto il ruolo delle donne nella società, mi fa piacere proporre tre  “bei soggetti”: a Bologna spesso, con questa espressione gergale, si dice così di quelle persone che per qualche motivo, suscitano sorpresa, ammirazione, desiderio di conoscere e di conoscerle.
La prima la conoscevo già e l’apprezzavo pure. È Rosi Bindi. Ero presente alla conclusione del seminario RICOSTRUIAMO L’ITALIA, organizzato a Chianciano dai DEMOCRATICI DAVVERO per riflettere insieme sul dopo Berlusconi. Devo dire che ha guidato, con grande maestria e con estrema semplicità, tre giornate di lavoro molto interessanti. Che Rosi sia battagliera non è una novità, ma nell’intervista di Massimo Gramellini, essendo da sola a rispondere senza dover sistematicamente rintuzzare le interruzioni e le sovrapposizioni di qualche avversario politico, ha potuto proporre un quadro molto netto di ciò che ci attende su cui partiti e cittadini faranno bene a riflettere per impegnarsi coerentemente.
Cliccando sulla stringa potrete seguire l’intervista. È sulla home page.
http://www.democraticidavvero.it/
La seconda proprio non la conoscevo ed è stata la vera sorpresa. Una filosofa, Roberta de Monticelli. Non si pensi a lunghe elucubrazioni sul sesso degli angeli, ma ad una riflessione profonda sì. Su un tema di grande attualità. Coscienza civile ed etica pubblica. Senza nulla togliere agli altri relatori che si confrontavano nella tavola rotonda, lei li ha decisamente surclassati. Come faccio a farvela “godere”? Non ho registrazione e quindi… posso solo recuperare due affermazioni, così come le ho malamente sintetizzate sul notes del cellulare. LE MASCHERE ITALIANE: Padroni gabbati e servi contenti … che siamo tutti noi. Questa pennellata concludeva la prima parte dell’intervento e descriveva il nostro popolo in questo momento storico. E infine il quadro che descrive come culturalmente esce l’Italia dall’esperienza del Berlusconismo: La parola macerie non è la più giusta, la parola più giusta è il mostro, il cancro che cresce e continua ad occupare spazio.
Non avendo altro, ho cercato e trovato sul web un paio di chicchine. Ve le propongo.
http://www.concretamentesassuolo.it/wordpress/festival-filosofia-2011-gli-ipnotizzati-morali-lezione-con-roberta-de-monticelli.html#utm_source=feed&utm_medium=feed&utm_campaign=feed
http://diksa53a.blogspot.com/2011/08/il-suicidio-morale-dellitalia-di.html
La terza, per chi mi segue è forse scontata, ma vi pregherei di non perderla. Il titolo del “pezzo” è esplicito abbastanza per incuriosire: RICONQUISTARE IL FUTURO. L’autrice … indovina indovinelli … che sia Barbara Spinelli?
Buona lettura!
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/10/05/riconquistare-il-futuro.011riconquistare.html

Ho avuto l’opportunità e, forse la fortuna, in questo ultimo week end, di incontraredonne alcune persone che mi hanno particolarmente colpito per le cose che hanno detto o scritto. Desidero farne parte con voi, se avrete voglia di seguire l’itinerario che propongo. Non pretendo condivisione, ma chi avrà voglia potrà, se vorrà, anche commentare.

Guarda caso sono tre donne e, in un momento in cui si enfatizza molto il ruolo delle donne nella società, mi fa piacere proporre tre  “bei soggetti”: a Bologna spesso, con questa espressione gergale, si dice così di quelle persone che per qualche motivo, suscitano sorpresa, ammirazione, desiderio di conoscere e di conoscerle. Continua »

admin on Ottobre 2nd, 2011
Ciao Vincenzo1
Mi diceva sempre mio nonno (ognuno di noi ne ha uno da citare sempre) : Non comportarti mai  come quella mosca che comodamente appiccicata alle orecchie di un bue ad ogni girata del campo da arare diceva: che fatica , abbiamo fatto un altro giro !
Mi sono venute in mente queste parole leggendo sui giornali della fatica fatta dal PD da IDV e da SL  (in uno c’era anche la foto del Segretario
Territoriale PD e di alcuni militanti IDV) per raccogliere migliaia di firme per il Referendum pro Mattarelum ..ne hai sentito parlare mi sembra!
Io farei un comunicato firmato da te  per conto del Comitato pro Referendum rivendicando l’esito positivo sopratutto alle migliaia di Cittadini che altro non aspettavano , e ai componenti tutti del Comitato  ( Asinello, Segni R,  IDV, SL) che non hanno fatto altro che racccogliere un frutto già maturo  .ci venivano a cercare!
. Non abbiamo visto altri attivisti ..a meno che non si vogliano chiamare tali quelli che altra fatica non hanno fatto salvo che apporre una firma su un foglio compilato da altri ..anche se ” Dirigenti di Partito”
..nà tesa nù votu!
esclamava solennemente don Ciccio Qualunquemente e ntò cu… ai Referendari!
A presto e ..a nuove fatiche.
Angelo:
PS. Non so se lo sai ma nel mio ..studio (Sic!) ho un Asinello di stoffa regalatomi dalla figlia di Giusto Fernanda ( che vergognosamente abbiamo fatto allontanare ..te ne parlerò)
Bene sorride sornione e comincia a scoprire il vollto ..nascosto da troppi anni per la vergogna!
Se lo ritieni utile pubblica questo mio scritto sul tuo Blog: ne sarei contento
lettereCiao Vincenzo,
mi diceva sempre mio nonno (ognuno di noi ne ha uno da citare sempre): Non comportarti mai  come quella mosca che comodamente appiccicata alle orecchie di un bue ad ogni girata del campo da arare diceva: che fatica , abbiamo fatto un altro giro !”mosche
Mi sono venute in mente queste parole, leggendo sui giornali della fatica fatta dal PD da IDV e da SEL  (in uno c’era anche la foto del Segretario Territoriale PD e di alcuni militanti IDV) per raccogliere migliaia di firme per il Referendum pro Mattarellum … ne hai sentito parlare mi sembra! Continua »
admin on Settembre 23rd, 2011

bolle di Costituzione 2Qualcuno dovrebbe ricordare agli italiani almeno una volta al giorno che non è scritto da nessuna parte che, una volta “eletto”, un presidente del Consiglio si debba tenere per cinque anni. Cari connazionali, ricordiamoci che abbiamo eletto un Parlamento e non un Presidente del Consiglio! Anche se sul simbolo c’era scritto il suo nome. Un Parlamento di “nominati” che potrebbero mandarlo a casa anche subito! Se solo volessero. Ma, appunto, come si fa a rivoltarsi contro chi ti ha aperto la strada del Parlamento?

E allora? Siccome è palese che è in atto una grande manovra culturale per convincere il popolo italiano che chi diventa presidente del consiglio ha diritto di governare – e di fatto comandare – per cinque anni, bisogna fare un po’ di chiarezza.

Occorre riprendere in mano la Costituzione. Pochi articoli, a cominciare dal primo, semplici Continua »