Sì, credo proprio che ce ne fosse bisogno! Del ruolo dei cattolici nella politica italiana spesso e volentieri si parla e si … straparla. Ebbene, ildon-camillo-peppone livello di sopportazione ha dei limiti e, opportunamente, Famiglia Cristiana ha pubblicato un intervento di Giovanni Bachelet sul quale ritengo doveroso soffermare l’attenzione. Per carità, nessuno intende disconoscere i grandi meriti di statisti, di amministratori, di politici d’altra ispirazione culturale, figurarsi! Ma proprio all’interno del mondo cattolico spesso succede di non riconoscere la caratura di laici cattolici artefici e protagonisti di passaggi ardui della recente storia d’Italia. Questo è, almeno in parte, attribuibile alla diaspora politica dei cattolici, appartenuti per decenni ad una medesima formazione politica e ora distribuiti parte alla destra, parte alla sinistra e parte al centro dello schieramento parlamentare, parte al governo, parte all’opposizione. Situazione che porta inevitabilmente all’acuirsi del dibattito interno.

Ma non ci si può passivamente assuefare all’idea che – di qua o di là – sia la stessa cosa. In una temperie politica come quella presente, scegliere da quale parte stare è fondamentale. Mi sembra che Giovanni Bachelet, con coraggio, metta qualche importante “paletto” utile a fare un po’ di chiarezza in un panorama caratterizzato molto spesso da stomachevoli mistificazioni.

I cattolici e la politica*
di *Giovanni Bachelet* – da Famiglia CristianaBachelet Giovanni

Tempo fa il commento “Chi vuole tappare la bocca ai cattolici” ha ripreso un *leit motiv* della “buona stampa”. Sono parlamentare da poco e accetto per me le critiche di irrilevanza. Vorrei assomigliare ai cristiani che hanno contribuito alla democrazia e rinnovato il mondo. De Gasperi e Schuman (in via di beatificazione), oppure Adenauer, Kennedy, Moro, Delors, hanno guidato sia sistemi proporzionali, dove i cattolici avevano un partito, sia sistemi bipolari, dove non l’avevano. Servirono la città dell’uomo indovinando, fra difficoltà mediazioni e alleanze, il bene possibile; dimostrarono che non si fa politica senza rischi per la coscienza, ma al rischio si accompagnano grandi opportunità.
Sulla scia di questi pionieri non sono mancate, negli ultimi anni, coscienze salde e prudenti, cresciute nella Chiesa e in aggregazioni laicali che sono state anche scuole di democrazia: da questo vivaio sono usciti non solo amministratori locali, ma anche un premier (Prodi), un capo di stato (Scalfaro) e ministri importanti (Bindi, Andreatta, Mattarella, Parisi, Flick e molti altri). Anche quando erano in carica però, per la buona stampa, questi cattolici erano irrilevanti. Sembrava rilevante solo chi, snocciolando valori non negoziabili, lucidava le maniglie a disinvolti miliardari di destra.
O, magari, provava a rifare la DC, producendo mostricini irrilevanti, buoni solo per la svendita post-elettorale. Sembrava che eticamente sensibili fossero solo i temi della vita e del sesso; che la libertà riguardasse scuole e ospedali privati, non l’informazione; che legalità, pace, immigrazione, qualità di scuole e ospedali pubblici interpellassero, sí, la coscienza cristiana, ma un po’ meno.
Impostazione agli antipodi di Sturzo, che nel 1905 invitava i cattolici a essere “o sinceramente conservatori o sinceramente democratici”. Dopo Sturzo i cristiani in politica sono stati rilevanti perseguendo un’idea complessiva di bene comune: pace, libertà politica, Europa, terra ai contadini, lotta alle ingiustizie… Anche allora non tutta la Chiesa li osannava: Padre Pio era contro la riforma agraria di De Gasperi. Poi, la Gaudium et Spes ha detto dei laici: “Spetta alla loro coscienza, già convenientemente formata, di inscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale. Non pensino però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta, o che proprio a questo li chiami la loro missione”. Io sogno pastori e giornalisti cristiani, che, oltre a beatificare qualche leader democratico 50 o 60 anni dopo, siano capaci anche di riconoscere e sostenere i cristiani che oggi lavorano per il bene comune.

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