Bisogna capire che è urgente. Non possiamo permettere che in Italia si producascuolatagli un arretramento progressivo dell’intero sistema scolastico. Ne sanno qualcosa le famiglie che hanno i figli a scuola. C’è un interessante articolo inchiesta di Flavia Amabili su LA STAMPA di oggi. Lo riporto volentieri, perché rappresenta lo stato di degrado progressivo cui la scuola è sottoposta provvedimento dopo provvedimento. Per carità, nessuno nega che qualche Lira fino al 2000 e qualche Euro negli ultimi anni i genitori abbiano sborsato per integrare lo scarso materiale didattico messo a disposizione dalla scuola, ma che prima i Comuni abbiano dovuto supplire alle restrizioni dello Stato centrale, fornendo gli insegnanti di sostegno, i docenti o gli educatori per attività curricolari e che ora si giunga a rendere di fatto obbligatori versamenti che raggiungono anche 200 euro annui, appare francamente troppo. Diventa necessario ribadire allora il dettato degli articoli 3 e 34 della Carta Costituzionale “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana …” “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. Ricordare però non basta. È necessario mettere in evidenza il danno procurato alla scuola con i tagli operati, perché unicamente di tagli si tratta e non di riforme. Occorre far sapere che, operando in questo modo, il governo fa pagare proprio a chi ha meno risorse. Fa doppiamente pagare, trasformando gradualmente la scuola pubblica da gratuita a pagamento e abbassandone decisamente la qualità in ragione della frammentazione dell’insegnamento. C’è molto altro da aggiungere, ma ne parleremo nella mattinata di sabato 20 marzo a Osteria Grande con Anna Pariani e Giovanni Bachelet. In preparazione leggiamoci questo.

La pagella diventa a pagamento
Dopo i tagli, via al “contributo volontario” fino a 200 euro l’anno. Genitori in rivolta Dopo i tagli, via al «contributo volontario» fino a 200 euro l’anno. Genitori in rivolta
ROMA
Angelo abita a Torre Annunziata, è disoccupato, soldi in tasca ne capitano pochi. Quest’anno la sua scuola, il secondo circolo didattico Giancarlo Siani, gli ha rifiutato l’iscrizione dei tre figli mandandogli i bollettini di quello che, in genere, viene definito «contributo scolastico», una cifra che gli istituti chiedono a titolo volontario alle famiglie per aiutarli a far quadrare i conti, ma che invece da un po’ di tempo si sta trasformando in un obbligo a cui non tutti vogliono sottostare. Angelo non aveva pagato lo scorso anno.

E così l’istituto voleva fargli capire qual era il suo dovere. E’ bastato minacciare una denuncia per far iscrivere i bambini. Da quando il ministero ha chiuso i cordoni della borsa, sono sempre di più le scuole a chiedere aiuto alle famiglie. «Siamo di fronte a un vero e proprio abuso», denuncia Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net, portale fra i più seguiti sui temi della scuola. E, quindi, ha deciso di fare un’inchiesta. In pochi mesi si sono fatte avanti almeno una sessantina di persone, sparse in tutt’Italia, a raccontare vicende tutte più o meno simili.

Una di loro ha davvero fatto partire la querela contro il dirigente scolastico della sua scuola, il liceo scientifico Cassini di Genova. Lo accusa di concussione e omissione di atti d’ufficio, dopo che per il secondo anno di seguito non ha avuto la pagella della figlia che ora ha 16 anni. «Voglio combattere una battaglia in nome di tutti i genitori d’Italia», spiega. Massimo Angelini, il dirigente, si è detto tranquillo: «Ho soltanto fatto il mio dovere. Lo rifarei».

I casi di scuole un po’ prepotenti sono davvero tanti anche se da un punto di vista legale non sembrano esserci dubbi. C’è l’articolo 34 della Costituzione a sancire che l’istruzione è obbligatoria e gratuita per otto anni. Esiste una circolare del ministero dell’Istruzione a ricordare che le iscrizioni ad anni diversi dal primo sono automatiche. E c’è anche l’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna, che di fronte al caos generale, cinque anni fa decise di intervenire con un documento per spiegare che il contributo è volontario. Ma le casse sono vuote. Mentre il ministero preferisce non esporsi, alcune scuole ne approfittano. «Da anni va avanti questo abuso. Tutti sanno, qualcuno denuncia, eppure il Ministero non è mai intervenuto», racconta Daniele Grassucci.

E quindi si viene a sapere che al tecnico per geometri «Giorgio Ambrosoli» di Roma da un anno all’altro il contributo volontario è passato da 120 a 200 euro l’anno, un aumento secco del 60%. Tanti hanno pagato, una mamma si è rifiutata. Il figlio non ha avuto il pagellino del primo trimestre. E al secondo trimestre ha avuto la pagella solo dopo essere andata in segreteria a chiedere una dichiarazione scritta della scuola su quello che stava accadendo. All’istituto professionale «Pietro Verri» di Busto Arsizio, invece, il coraggio di mettere nero su bianco le loro condizioni l’hanno avuto. In una lettera indirizzata alle famiglie il 16 febbraio scorso hanno inserito fra le tasse scolastiche anche il contributo volontario e specificando che senza il pagamento «non sarà più rilasciata alcun tipo di documentazione (certificato d’iscrizione e frequenza, di voti, diploma, etc.)».

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