Chi non vorrebbe modificare il corso della storia, o più modestamente il corso della propria vita quando tutto sembra portare verso il peggio? Allora nella mente si affacciano immagini nuove, situazioni al limite del realizzabile. L’Utopia. Chi non si è lasciato trasportare da Lei  anche solo per qualche minuto e con Lei si è fatto il viaggio?

Care ragazze e cari ragazzi, donne e uomini di questa nostra terra che amiamo, nella quale viviamo costruendo giorno per giorno il nostro oggi e i nostri domani.
Spero che siate rimasti colpiti anche voi come me dalla violenza usata verso i migranti salvati dalla Sea Watch. Spero che, come le ragazze e i ragazzi di Palermo che qualche sera fa si sono ritrovati davanti alla cattedrale della loro città, anche voi sentiate il bisogno di gridare lo sdegno verso chi ancora si oppone allo sbarco di questi esseri umani, umani come me e come voi che leggete. Verso chi nega loro la possibilità di affrontare il futuro, quello che vanno cercando fuggendo dalla guerra, dalla povertà, dalla violenza, dall’assenza di qualsiasi prospettiva di vita.
Se non ne siete rimasti colpiti fermatevi a riflettere cominciando a chiedervi qualche sano perché.
Non è di oggi questo fenomeno. La migrazione da luoghi in cui è difficile, se non impossibile, vivere ha coinvolto, in  un passato neanche tanto lontano, anche il nostro popolo. Fatevi raccontare di chi dal nostro Paese trovò lavoro nelle miniere del Belgio o in Germania. Nonni e nonne possono parlarvene fino alla noia. Recentemente, in particolare dopo il 1989 (abbattimento del muro di Berlino), dall’Albania, attraversando il mare Adriatico, arrivavano in cerca di lavoro. La migrazione avviene sempre in cerca di una vita migliore, talora dell’unica vita possibile: noi italiani abbiamo popolato l’Argentina, il Venezuela, gli Stati Uniti, il Canada, ma anche l’Australia, la Nuova Zelanda …

Vi sarà capitato di parlarne con qualcuno, in rete o, più raramente faccia a faccia. Ma voi, tu Chiara, tu Tommy, tu Marty, e tu Lory, ma anche tu Samu che hai appena finito le elementari, che ne pensate? Non la dovete a me la risposta. Non è un’interrogazione. È una domanda che spero abbiate posto a voi stessi e abbiate cercato di darvi una risposta. Vivete in un’epoca caratterizzata da un’informazione anche troppo facile, e non uno di voi ignora come si fa ad accedervi. Attraverso i media e la fiction avete dimestichezza con situazioni di vita tragiche, crudeli, violente. Immagini che qualche decennio fa avrebbero fatto abbassare le palpebre per non vederle e non impressionarsi sono oggi di esperienza quotidiana. Fanno ormai parte dei nostri passatempi. Sappiamo che sono finzione o, quando si riferiscono a fatti realmente accaduti rappresentano una realtà lontana. A noi non succederà mai?

Anch’io lo spero, anche per me. E me lo auguro per voi che avete la vita tutta ancora davanti.

Immagino che anche a voi, come succede a me capiterà di tanto in tanto di fare un po’ di bilancio della vita trascorsa e anche voi, voi che non siete, o non diventerete, esemplari di quel 27% di italiani che vengono definiti analfabeti funzionali, possiate concludere che siete stati molto fortunati. Fortunati a nascere dove siete nati e a vivere dove, complici le vostre scelte e la vostra collaborazione e fatica,  la vita vi ha condotto giorno per giorno lungo strade di pace, in luoghi nei quali con lo studio, col lavoro, nella libertà, nell’uguaglianza delle opportunità, nella fiducia e nell’aiuto reciproco tra esseri umani state sviluppando una vita degna. Questo mi auguro.

E allora? Cosa c’entra tutto questo con la Sea Watch?

Domanda retorica, vero?

Voi avete capito benissimo che c’entra, eccome se c’entra!

Chi sono i 42 della Sea Watch? Credo che per capire bene bisogna esercitarsi a indossare i loro panni. Sennò è facile, anche troppo.

Quando ho cominciato a scrivere erano allo stremo sul ponte della nave con la sola speranza che Carola, la Capitana, ottenesse il via libera per entrare nel porto di Lampedusa e tutti potessero finalmente sbarcare in Italia. Oggi, Carola ha deciso di entrare e attraccare. Il suo progetto di portarli in salvo si è realizzato. I sogni di quaranta persone cominciano a tingersi di speranze …

E Carola? Carola è stata arrestata. Ah, sì? hai ripescato e salvato 42 naufraghi e li hai portati in salvo? Brava. In galera! Vogliamo vedere le manette!

No. I 42 della Sea Watch non ci stanno e lo fanno capire con uno striscione che appendono al parapetto della nave.

 

P.S. – Roberto Vecchioni, in una lettera al Direttore del quotidiano Repubblica, è stato capace di ritrovare nella Storia un episodio narrato 2500 anni fa da un poeta Ateniese, Sofocle, e di proporre questa riflessione. Da leggere per capire.

Caro direttore, è proprio vero che non c’è niente di nuovo sotto il sole, quel (s)elios che brilla e illumina come selenio. Qualsiasi storia, intreccio, episodio, qualsiasi accidente, doloroso percorso, strazio o trionfo che la vita ci presenti nelle sue infinite variazioni c’era già stato, era lì da 2500 anni nella tragedia, nella commedia, nella lirica o nell’epica, nel romanzo e nell’epigramma dell’antica Grecia. Qualsiasi opera letteraria – dice Sepulveda – nasce o dall’Iliade o dall’Odissea, sono frantumate anime in gara con se stesse tutti i re Shakespaeriani pari agli eroi sotto Ilio. Romantici dibattuti fra realtà e sogno, Goethe e compagnia, pari ad Ulisse Robinson di Swift, l’illuminista e Bloom di Joyce, peregrino dell’indefinibile tragedia di un solo giorno. I greci avevano teorizzato già nell’essere o divenire due inconciliabili e antitetiche sembianze della verità. Tutto è doppio, è duplice nell’universo e lo sarebbe stato fino a Hegel, fino a noi. E duplici intendevano pure le forme del vivere sociale, dello stare insieme, di governare una polis, uno stato. La prima, “catabolica”, tendeva a stringere, rinchiudersi, ammucchiare, difendersi, non rischiare l’ignoto; la seconda al contrario apriva, usciva, indagava il diverso, accoglieva, sfidava l’ignoto. La paura del diverso, appunto, ha caratterizzato tutto il neolitico. Ogni evento raro, sconosciuto era all’indice: il mestruo, il ritorno dalla guerra, il neonato malforme, la grandine, l’animale sconosciuto, mandavano in tilt un intero clan. I totem sono simboli di parentela protettiva: se mi imparento con la natura, con gli animali, io può darsi che me la cavo. In fondo ogni “destra” è una società di cacciatori-raccoglitori.

Quando nel regno di Tebe due scriteriati fratelli, figli di Edipo, si prendono a mazzate per salire al trono, succede che quello legittimo la spunta ma crepa e l’altro, l’illegittimo crepa pure e manco la spunta. E qui salta fuori Salvini, che allora si chiamava Creonte, fratello di Giocasta, regnante ad interim nell’attesa speranzosa che i due fratelli (le due anime del Pd) si facessero fuori l’un l’altro, Creonte ordina che il buono “il bianco” Eteocle venga seppellito con tutti gli onori, ma il cattivo, “il nero”, rimanga insepolto.

A questa decisione si oppone fermamente la sorella dei due, una meravigliosa, indomita ragazza: Antigone. Il suo scontro con Creonte è epico. Creonte non si sposta di un centimetro: la legge dice così e basta, caso chiuso. Ma Antigone gli tiene testa con una fierezza che la fa forte dentro di un’altra legge più alta, più universale delle convinzioni umane. No. Lei seppellirà il fratello a qualsiasi costo, a qualsiasi conseguenza potrà andare incontro. È la madre di tutte le battaglie il conflitto eterno tra ragione e cuore. La legge è qualcosa di alto, di sacro. Socrate, che è innocente, non si pone nemmeno il quesito, potrebbe benissimo scansarla, fuggire, tutto è già preparato dai discepoli. Ma è un’altra storia. Socrate aveva votato lui stesso quella legge, la coerenza è per lui imprescindibile. Carola-Antigone non ha dubbi, non ha bilance, su cui pesare il male e il bene, il vero e il falso: lei entrerà in quel porto qualsiasi siano le conseguenze. La dabbenaggine degli uomini è credere che un contratto sociale sia ferro temprato da Dio in persona. Può anche darsi, ma certo l’umanesimo è diamante; di una luce che stravolge e sconvolge quando senti di averla dentro. Io me la vedo Carola, bella, ritta sul ponte a prendere quella decisione che per lei è solamente normale. Nessun tentennamento, nessuna paura, un riso naturale, convinto, gli occhi semichiusi nel sole accecante, nella certezza che tutti gli uomini sono diamanti. Lei non lo sa, ma le ha dentro di sé le ultime parole che Edipo in punto di morte aveva detto ad Antigone disperata: “Non piangere, figlia mia, c’è una sola parola che ci libera dall’oscurita, dal male del mondo. E quella parola è amore”.

Comments are closed.