scarabocchio

Succede di rado, ma succede. E allora – come per tutte le cose rare – anche per esperienze come questa, credo valga la pena di ricordarle. Per l’emozione che ti hanno procurato.

È successo durante le due settimane di ferie insieme a quella che spesso in casa chiamiamo “la cuginaglia” sulle Dolomiti, in val Gardena.

IMG_9858 Volgendo lo sguardo all’indietro nel tempo, di messe al campo me ne vengono in mente molte, con ragazzi di ogni età, auspice l’Azione Cattolica al Falzarego, un nome per tutti. Ma quest’anno è stato diverso. Non una messa del Campo, una messa al campo, davanti ad una minuscola chiesa a margine di un grande prato verde circondato da tanti boschi verdi, ma di altri verdi, rinchiuso da una cerchia di rocce cangianti, sovrastato da un cielo azzurro …

Una cartolina. E dove la trovo una cartolina che mi richiami domani, quest’inverno, l’anno venturo, questa indimenticabile esperienza? Di questa festa paesana che raduna intorno a questa piccolissima chiesa l’umanità dei telefoni cellulari. Così lontana da quella umanità che lì eresse un piccolo tempio con le pareti interne rivelatrici

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all’umanità del digitale l’affascinante storia di quelle piccole comunità insediate tra i picchi delle Alpi, rapite dalle sacre storie narrate dai pochi abili nella lettura e da quei maestri nel dipingere che ne facilitavano la comprensione con una tecnica che fa pensare ai grandi cicli giotteschi o più umilmente a deliziosi fumetti ante litteram.

Ma ormai è l’ora. Qualcuno è riuscito a sedersi trafugando qualche panca dalla chiesetta. L’altare davanti alla porticina d’ingresso è pronto. Arrivano percorrendo il sentiero che lì comincia per nascondersi poi dietro i primi abeti del bosco. Per l’ora convenuta si raduna la folla dei fedeli, in piedi sul prato, seduta sulle prime pendici di fronte alla chiesetta. Io mi metto lì con loro: Chiara, Tommy, Martina, Lorenzo e Samu.

IMG_9870Dallo zaino estraggo l’agenda degli appunti. Non so nemmeno io perché, ma quella scena mi prende la mano e poco alla volta sulla pagina si fissa la mia visione di quella piccola folla domenicale sul prato ai margini di Selva.

Si vede che anche i disegni sono come le ciliegie: uno tira l’altro e, nel pomeriggio, la biro torna a correre sulla pagina. La scena è cambiata: una via di mezzo fra il ristorante e la fiera di paese. e allora, visto il successo del primo, tento il secondo, provando il gusto raro di portare a casa non la solita foto, ma una pagina scarabocchiata al momento, non una fredda foto, ma un caldo scarabocchio.IMG_9872 Un unicum, però, un ritratto di un’emozione solo mia e che solo chi era con me condividerà in pieno.

Come tutti gli anni anche quest’anno le ferie finiscono e si torna a casa. Si riprendono le relazioni, si rivedono gli amici e proprio durante un viaggio con uno di loro, spunta il mio narciso e gli mostro uno dei miei scarabocchi.

Non l’avessi mai fatto! L’amico apprezza, poi ammira, poi dice che è bellissimo, che dovrei farne altri, anzi, che lui ha un’idea. Devo farne uno da regalare in una prossima occasione a una personalità che lui ed io conosciamo bene.
Non poteva stimolarmi meglio. Mi ha fatto venire in mente che molti anni fa avevo comperato una scatola di pastelli a cera. Il soggetto concordato doveva essere uno scorcio del Giardino degli Angeli di Castel San Pietro.

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La passione è passione e Giancarlo aveva toccato la corda giusta. Avevo sulla scrivania dei grandi fogli bianchi che parevano solo in attesa di ricevere le carezze colorate dei miei pastelli.

Coi colori era difficile, ma alla fine il risultato mi è parso carino.

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