Premetto che ho votato PD  sia alla Camera, sia al Senato
Non è andata bene e i piani predisposti per formare il governo dell’alternativa sono tutti saltati.
Non sono d’accordo con quanti si esercitano ora a discutere, elucubrare, suggerire quale sia la strada migliore da seguire per sciogliere il nodo della governabilità dopo questo pasticcio istituzionale che abbiamo creato. Per carità lo facciano pure, anch’io ho il mio parere sulla questione, ma sento che conta come il due di coppe quando è briscola bastoni e somiglia molto alla nostra attività preferita, quella di allenatori della nazionale. Francamente non mi sento di giocare al Presidente della Repubblica nella sua complicata funzione di regista delle operazioni necessarie ad attribuire l’incarico per formare il governo. Non intendo sfuggire alla questione e siccome immagino che il Presidente farà più di un tentativo, dico che la prima mossa dovrebbe mirare a mediare tra le posizioni che mi paiono idealmente più vicine, pur essendosi vicendevolmente demonizzate prima e dopo le elezioni. Ma poiché non mi compete di convocare e sentire a tu per tu i capigruppo dei partiti in lizza, mi fermo qui e preferisco dedicarmi ad altro: al congresso, per ora al congresso di strada.
Nel precedente post ho accennato al fatto che non mancano nel PD le idee e i progetti. I nostri dirigenti sono campioni del mondo, nella formazione e della gestione dei gruppi di studio e di lavoro, nell’elaborazione di studi corposi, talora purtroppo ripetitivi, bolsi come dei rituali, nell’ideazione e nella stesura dei programmi. I cassetti delle federazioni, dei circoli, i comodini delle stanze da letto dei militanti, i computer, i tablet, gli smartphone dei nostri giovani straripano di “contenuti”. Tutta roba, persino troppa, che nessuno legge. E quasi nessuno sa che esiste.
Ciononostante da un po’ di tempo in qua l’elettorato non ci sceglie più.
Ohibò! Mi son perso qualcosa?
Cosa non va in questo PD?
Lungi da me la tentazione di ergermi a giudice di una “ditta” che mercoledì riunisce il suo consiglio di amministrazione, ma solo a segnalare contraddizioni che a me, e a molti come me, non sono mai piaciute, non mi piacciono e mai mi piaceranno.
Non mi piace certa arroganza che spesso sconfina nella demonizzazione dell’avversario politico, anche interno …da questo punto di vista le primarie sono state un esempio indimenticabile. Ricordo soltanto il “populista di destra” affibbiato a Matteo Renzi. Talmente populista di destra che se molti iscritti al PD hanno voluto ascoltarlo alla festa dell’unità di Bologna, gli si è dovuto trovare un posto all’ultimo momento, quando potevano partecipare solo coloro che non lavoravano nel pomeriggio. Figuriamoci all’esterno. Per fortuna che adesso che filiamo dietro ai 163 parlamentari del M5s abbiamo imparato tutti subito i punti sui quali richiamarli alle loro responsabilità. Comunque, a scanso di equivoci, l’etichetta di irresponsabili ormai gliela abbiamo appiccicata. Se non si comportano come piace a noi non gliela toglie nessuno.
Non mi piace la supponenza nei confronti delle opinioni diverse, di chi viene considerato non in linea. A volta diviene persino una sorta di epurazione dalla citazione. Se non fai parte del cerchio magico in auge, puoi aver anche espresso l’idea più brillante ma il tuo stesso nome viene censurato. C’è sempre un saggio in prima fila che mentre parli scuote la testa. Al contrario il boss in auge può dire la più banale delle ovvietà e scatta la piaggeria d’ordinanza. “Come ha già detto il tale, sono dello stesso parere del tal altro, caro … sono proprio d’accordo con te … e via di questo passo. Basta un briciolo di attenzione durante gli interventi per accorgersene. Vorrei sperare che soprattutto ai giovani queste frasi venissero vietate. Vorrei sperare che ai giovani si suggerisse di esprimere il loro parere. Le carezze e i complimenti ai nonni le riservassero tra le pareti domestiche.
Non mi piace la dettatura della linea dal vertice alla base. Ho scritto volutamente dettatura anche se si dice centralismo democratico … perché non ho nulla da eccepire sulla legittimità di una linea comune per un partito, quando questa è il frutto di un confronto anche serrato, ma vero, lontano dalla tradizionale liturgia. Fatta di caminetti, di consultazioni riservate, di interminabili omelie puntualmente seguite da devote preghiere dei fedelissimi.
Non mi piace la finzione del confronto. E che parliamo sempre tra di noi. Voglio riferirmi proprio alla campagna elettorale più recente e a certi “dibattiti” frequenti alle feste dell’Unità. Sarà il caso di chiedersi come mai per ottenere un minimo di partecipazione alle iniziative che non faccia sfigurare l’organizzazione sia sempre necessario convocare le truppe cammellate da Imola. Mi piacerebbe di capire cosa succederà quando si stuferanno di fare questo noioso volontariato … L’alternativa la sappiamo benissimo: dobbiamo stare in mezzo alla gente. Il ritornello lo abbiamo imparato meravigliosamente. Siamo stati solo in mezzo a quella gente che sappiamo già convinta di votare per noi. Qualcuno potrà chiedermi come si può fare di meglio. Abbiamo provato a chiederlo ai nostri iscritti? Ai nostri elettori? Come mai le persone sono restie ad intervenire? Come mai dobbiamo sempre chiedere a qualcuno di preparare un intervento? Sono così significative queste assemblee preordinate, precotte,ingessate?
Non mi piace il favoritismo nelle scelte dei ruoli. Diciamo che non è vero … il cambiamento veramente ostacolato
Non mi piace l’opacità delle decisioni e l’eternità dei procedimenti. Per dribblare la partecipazione e conseguentemente il confronto vero vige una tattica ben nota. Quella che  prima è troppo presto, al momento giusto non siamo pronti e subito dopo è troppo tardi …
Non mi piacciono la perenne ricerca del capro espiatorio e la fuga dalla responsabilità … non è mai colpa nostra. Basta scorrere le pagine di facebook del nostro partito.
I soggetti di cui si parla sono quasi solo gli altri o altro. L’attenzione sugli sbagli altrui è assolutamente legittima, ma i voti li abbiamo persi noi … Quando ero piccolo e la mia mamma mi rimproverava di qualche marachella, ero pronto anch’io a dire che anche il mio amico ne aveva fatta una peggiore o aveva cominciato per primo …
Molte altre cose non mi piacciono ma per ora basta così.
Ci sono modalità totalmente nuove che mi piacciono, vanno introdotte con serietà nel partito e perseguite giorno per giorno.
Le ho già anticipate nel post precedente.
Sono l’apertura, l’ascolto, il confronto delle idee, la valorizzazione della competenza, l’autonomia di giudizio, la trasparenza, la responsabilità.
Modi di essere e di gestire il partito alla portata di tutti, con Renzi o senza Renzi. Roba che può praticare anche Bersani e che Bersani deve pretendere dai suoi collaboratori e da tutta la classe dirigente del partito. A tutti i livelli. Da quello nazionale ai circoli.
Qualcuno si sarà chiesto come mai molti che sarebbero venuti volentieri a votare a delle primarie per la prima volta contendibili sono rimasti a casa. Luogo e condizioni restrittive come non mai alle primarie hanno fatto ostacolo. Ma non c’è stato verso. Fino all’ultimo minuto abbiamo cercato di tenere fuori chi avrebbe fatto il passo per la prima volta. Difficile poi pensare che quelle stesse persone avrebbero votato alle elezioni politiche per quel partito che nei fatti aveva intimato loro un chiarissimo vade retro. No tu no, il tuo voto non ci serve. L’apertura con tutto quel che segue è tutt’altra cosa e tutta da imparare.
L’ascolto? Comporta che si facciano assemblee, forum, proposte culturali, iniziative a tema, gruppi di discussione aperti a chi vuol parlare. Poche parole di introduzione, ma poche davvero. E poi spazio ai cittadini. Impareranno a partecipare. Recupereranno la simpatia per la comunità e poi per la politica, quella bella davvero, quella che ti fa sentire che ti occupi del bene comune. Con alcuni si farà strada il desiderio di ritrovarsi anche sulla rete, per sollevare con rapidità questioni, per segnalare problemi, per lanciare idee. Non so se questo è liquido, solido o aeriforme, ma qui si tratta di ricostruire. E c’è posto per tutti, donne e uomini, per giovani e vecchi, per chi lavora e per chi non trova occupazione, per autoctoni e migranti … Solo creando con fatica, con pazienza, un clima accogliente sarà possibile il confronto che se all’inizio è superficiale non importa. Diventerà profondo solo se tutti avranno diritto di parola e diritto di sbagliare senza sentirsi esclusi il giorno dopo, senza perdere il saluto dei capi, senza dover dire che la prossima volta se lo sognano il mio voto. Come fare per ripartire?
Per far percepire il cambiamento bisogna far sapere e far vedere che è avvenuto.
Il suggerimento più chiaro lo da il mio segretario di Circolo sulla pagina Facebook di Osteria Grande.
“E comunque non vi e dubbio che il processo di cambiamento già iniziato da Bersani debba essere rafforzato anche nelle nostre aree senza timori.
Servono persone nuove ma soprattutto nuove idee e nuove proposte.
L’azione quotidiana dovrà essere incisiva chiara e ben visibile
Il cambiamento si deve vedere”
“Ora anche nel pd
A casa chi che sull’idea di cambiamento ha barato ed ha lavorato per la conservazione ……..della sua scranna
Non sono ammessi sconti”.
Non sono mai stato tanto d’accordo.
Il congresso è previsto per l’autunno, ma è cominciato il congresso di strada.
La gente, soprattutto quella che ci ha ancora votato, aspetta davvero il cambiamento.
Sono del parere che chi ha operato e guidato il partito con la modalità e lo stile che ci hanno portato fin qui non possa credibilmente interpretare il cambiamento.
Non è ora di mistificazioni. È l’ora della verità.
Cominciamo.
Credo che molti suggerimenti siano presenti in questa mia riflessione. Ma per chiarezza aggiungo che mi aspetto una convocazione di un’assemblea aperta di ascolto e confronto guidata dai segretari dell’Unione Comunale e dei circoli. Aperta agli iscritti e agli elettori, a coloro che ancora al partito tengono, al partito che considerano strumento prezioso per ricostruire questo paese finito in macerie.

Premetto che ho votato PD  sia alla Camera, sia al Senato, perché di questo partito ho contribuito alla fondazione e perchépensieri 3 ne riconosco ancora tutte le potenzialità, affinché guidi il mio, il nostro Paese, in questo difficile momento di continuo e rapido cambiamento.

Non è andata bene e i piani predisposti per formare il governo dell’alternativa sono tutti saltati.

Non sono d’accordo con quanti si esercitano ora a discutere, elucubrare, suggerire quale sia la strada migliore da seguire per sciogliere il nodo della governabilità dopo questo pasticcio istituzionale che abbiamo creato. Per carità lo facciano pure, anch’io ho il mio parere sulla questione, ma sento che conta come il due di coppe quando è briscola bastoni e somiglia molto alla nostra attività preferita, quella di allenatori della nazionale. Dopo aver fatto con coscienza il mio mestiere di ELETTORE, non mi sento francamente di giocare al Presidente della Repubblica nella sua complicata funzione di regista delle operazioni necessarie ad attribuire l’incarico per formare il governo. Non intendo sfuggire alla questione e siccome immagino che il Presidente farà più di un tentativo, dico che la prima mossa dovrebbe mirare a esplorare e – possibilmente – mediare tra le posizioni che mi paiono idealmente più vicine, pur essendosi vicendevolmente demonizzate prima e dopo le elezioni. Ma poiché non mi compete di convocare e sentire a tu per tu i capigruppo dei partiti in lizza, mi fermo qui e preferisco dedicarmi ad altro: al congresso, per ora al congresso di strada.

Nel precedente post ho accennato al fatto che non mancano nel PD le idee e i progetti. I nostri dirigenti sonopila di libricampioni del mondo, nella formazione e della gestione dei gruppi di studio e di lavoro, nell’elaborazione di studi corposi, talora purtroppo ripetitivi, bolsi come dei rituali, nell’ideazione e nella stesura dei programmi. I cassetti delle federazioni, dei circoli, i comodini delle stanze da letto dei militanti, i computer, i tablet, gli smartphone dei nostri giovani straripano di “contenuti”. Tutta roba, persino troppa, che nessuno legge. E quasi nessuno sa che esiste.

Ciononostante da un po’ di tempo in qua l’elettorato non ci sceglie più.

Ohibò! Mi son perso qualcosa?

Lungi da me la tentazione di ergermi a giudice di una “ditta” che oggi ha riunito il suo consiglio di amministrazione e ha approvato all’unanimità la relazione del Segretario, ma solo a segnalare contraddizioni che a me, e a molti come me, non sono mai piaciute, non mi piacciono e mai mi piaceranno.

Non mi piace certa arroganza che spesso sconfina nella demonizzazione dell’avversario politico, anche interno. Da questo punto di vista le primarie sono state un esempio indimenticabile. Ricordo soltanto il “populista di destra” affibbiato a Matteo Renzi. Talmente populista di destra che se molti iscritti al PD hanno voluto ascoltarlo alla festa dell’unità di Bologna, gli si è dovuto trovare un posto all’ultimo momento, quando potevano partecipare solo coloro che non lavoravano nel pomeriggio. Figuriamoci all’esterno. Per fortuna che adesso che filiamo dietro ai 163 parlamentari del M5s abbiamo imparato tutti subito i punti sui quali richiamarli alle loro responsabilità. Comunque, a scanso di equivoci, gli abbiamo applicato subito l’etichetta di irresponsabili. E con questi preliminari andiamo a chiedere loro la fiducia in noi.

sguardo NONon mi piace la supponenza nei confronti delle opinioni diverse, di chi viene considerato non in linea. A volta diviene persino una sorta di epurazione dalla citazione. Se non fai parte del cerchio magico in auge, puoi aver anche espresso l’idea più brillante, ma il tuo stesso nome viene censurato. C’è sempre un “saggio” in prima fila che mentre parli scuote la testa. Al contrario il boss in auge può dire la più banale delle ovvietà e scatta la piaggeria d’ordinanza. “Come ha già detto il tale”, “sono dello stesso parere del tal altro”, “caro compagno o amico democratico sono proprio d’accordo con te “… e via di questo passo. Basta un briciolo di attenzione durante gli interventi per ascoltare queste “giaculatorie”. Vorrei sperare che soprattutto ai giovani queste frasi venissero vietate. Vorrei sperare che ai giovani si suggerisse di esprimere il loro parere. Le carezze e i complimenti ai nonni le riservassero tra le pareti domestiche.

Non mi piace la dettatura della linea dal vertice alla base. Ho scritto volutamente dettatura anche se si dice centralismo democratico … perché non ho nulla da eccepire sulla legittimità di una linea comune per un partito, quando questa è il frutto di un confronto anche serrato, ma vero, lontano dalla tradizionale liturgia. Fatta di caminetti, di consultazioni riservate, di interminabili omelie puntualmente seguite da devote preghiere dei fedeli…ssimi.

Non mi piace la finzione del confronto. E che parliamo sempre tra di noi. Voglio riferirmi proprio alla campagna elettorale più recente e a certi “dibattiti” frequenti alle feste dell’Unità. Sarà il caso di chiedersi come mai per ottenere un minimo di partecipazione alle iniziative che non faccia sfigurare l’organizzazione sia sempre necessario convocare le truppe cammellate federali. Mi piacerebbe di capire cosa succederà quando si stuferanno di praticare questo noioso volontariato.

L’alternativa la conosciamo alla perfezione: dobbiamo stare in mezzo alla gente. Il ritornello lo abbiamo imparato meravigliosamente. Solo che siamo stati solo in mezzo a quella gente che sappiamo già convinta di votare per noi. Qualcuno potrà chiedermi come si può fare di meglio. Abbiamo provato a chiederlo ai nostri iscritti? Ai nostri elettori? Come mai le persone sono restie ad intervenire? Come mai dobbiamo sempre chiedere a qualcuno di preparare un intervento? Sono così significative queste assemblee preordinate, precotte,ingessate?

Non mi piace il favoritismo nelle scelte dei ruoli. Diciamo pure che non è vero, ma se si prova a far mente locale,giostraritornano alla mente i volti dei predestinati da un ruolo all’altro. Per anni, per decenni li abbiamo visti scendere dal cavallino della giostra e salire sull’automobilina, scendere alla fine del giro e ricominciarne un altro a bordo di un disco volante e poi sull’elefantino al grido di change, we can! Anche questo è cambiamento … ho la sensazione che qualcuno si stia stancando e cerchi un sistema per far scendere tutti …

Non mi piace l’opacità delle decisioni e l’eternità dei procedimenti. Per dribblare la partecipazione e conseguentemente il confronto vero vige una tattica ben nota. Quella che  prima è troppo presto, al momento giusto non siamo pronti e subito dopo è troppo tardi …

Non mi piacciono la perenne ricerca del capro espiatorio e la fuga dalla responsabilità … non è mai colpa nostra. Basta scorrere le pagine di facebook del nostro partito. I soggetti di cui si parla sono quasi solo gli altri o altro. L’attenzione sugli sbagli altrui è assolutamente legittima, ma i voti li abbiamo persi noi … Quando ero piccolo e la mia mamma mi rimproverava di qualche marachella, ero pronto anch’io a dire che anche il mio amico ne aveva fatta una peggiore o aveva cominciato per primo … Quando dicevo così, mia madre credeva sempre agli altri …

Molte altre cose non mi piacciono ma per ora basta così.

Ci sono modalità totalmente nuove che mi piacciono, vanno introdotte con serietà nel partito e perseguite giorno per giorno.

Le ho già anticipate nel post precedente. Le ribadisco.

Sono l’apertura, l’ascolto, il confronto delle idee, la valorizzazione della competenza, l’autonomia di giudizio, la trasparenza, la responsabilità.

Modi di essere e di gestire il partito alla portata di tutti, con Renzi o senza Renzi. Roba che può praticare anche Bersani e che Bersani deve pretendere dai suoi collaboratori e da tutta la classe dirigente del partito. A tutti i livelli. Da quello nazionale ai circoli.

L’apertura? Qualcuno si sarà chiesto come mai molti che sarebbero venuti volentieri a votare a delle primarie per la prima volta contendibili sono rimasti a casa. Luogo e condizioni restrittive – come non mai alle primarie – hanno fatto ostacolo. Ma non c’è stato verso. Fino all’ultimo minuto abbiamo cercato di tenere fuori – anche cambiando le regole – chi avrebbe fatto il passo per la prima volta. Difficile poi pensare che quelle stesse persone avrebbero votato alle elezioni politiche per quel partito che nei fatti aveva intimato loro un chiarissimo vade retro. No tu no, il tuo voto non ci serve. L’apertura con tutto quel che segue è tutt’altra cosa e tutta da imparare.

L’ascolto? Comporta che si facciano assemblee, forum, proposte culturali, iniziative a tema, gruppi di discussione aperti a chi vuol parlare. Poche parole di introduzione, ma poche davvero. E poi spazio ai cittadini. Impareranno a partecipare. Recupereranno la simpatia per la comunità e poi per la politica, quella bella davvero, quella che ti fa sentire che ti occupi del bene comune. Con alcuni si farà strada il desiderio di ritrovarsi anche sulla rete, per sollevare con rapidità questioni, per segnalare problemi, per lanciare idee. Non so se questo è liquido, solido o aeriforme, ma qui si tratta di ricostruire. E c’è posto per tutti, donne e uomini, per giovani e vecchi, per chi lavora e per chi non trova occupazione, per autoctoni e migranti … Solo creando con fatica, con pazienza, un clima accogliente sarà possibile il confronto che se all’inizio è superficiale non importa. Diventerà profondo solo se tutti avranno diritto di parola e diritto di sbagliare senza sentirsi esclusi il giorno dopo, senza perdere il saluto dei capi, senza dover dire – per disperazione – che la prossima volta se lo sognano il mio voto.

Come fare per ripartire?

Per far percepire il cambiamento bisogna far sapere e far vedere che sta avvenendo.

Il suggerimento più chiaro lo da il mio segretario di Circolo sulla pagina Facebook di Osteria Grande.

“E comunque non vi e dubbio che il processo di cambiamento già iniziato da Bersani debba essere rafforzato anche nelle nostre aree senza timori.

Servono persone nuove ma soprattutto nuove idee e nuove proposte. change

L’azione quotidiana dovrà essere incisiva, chiara e ben visibile.

Il cambiamento si deve vedere”

“Ora, anche nel PD … A casa chi sull’idea di cambiamento ha barato ed ha lavorato per la conservazione …della sua scranna. Non sono ammessi sconti”.

Non sono mai stato tanto d’accordo.

capannelloIl congresso è previsto per l’autunno, ma è cominciato quello che io chiamo il congresso di strada.

I cittadini, soprattutto quelli che ci hanno ancora votato, aspettano davvero il cambiamento.

Sono del parere che chi ha operato e guidato il partito con la modalità e lo stile che ci hanno portato fin qui non possa credibilmente interpretare il cambiamento.

Non è ora di mistificazioni. È l’ora della verità.

Cominciamo.

Credo che molti suggerimenti siano presenti in questa mia riflessione. Ma per chiarezza aggiungo che mi aspetto una convocazione di un’assemblea aperta di ascolto e confronto guidata dai segretari dell’Unione Comunale e dei circoli. Aperta agli iscritti e agli elettori, a coloro che ancora al partito tengono, al partito che considerano strumento prezioso per ricostruire questo paese finito in macerie.

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