Vi sono notizie molto importanti che non arrivano se non attraverso canali privati ai quali non tutti riescono adLogo-conferenza-mondiale-cochabamba accedere. Fortunatamente Internet permette esplorazioni a tema che consentono di informarsi e approfondire. Purtroppo è ancora un privilegio di pochi.

E’ quasi per caso che ho scoperto le conclusioni della Conferenza di Cochabamba e ho potuto così “fare conoscenza” non mediata con Evo Morales, il presidente della Bolivia e con il suo dinamismo proiettato su alcuni grandi temi da non dimenticare.

Riporto anche una nota dell’agenzia ADISTA che offre una breve panoramica di sfondo entro cui collocare questo intervento che propongo per intero.

sardine e barracudaL’UNITÀ DELLE SARDINE DI FRONTE AGLI SQUALI.
I PAESI DEL SUD SI PREPARANO ALLA BATTAGLIA SUL CLIMA

DOC-2268. NEW YORK-ADISTA. Che non si trattasse del solito incontro internazionale per discutere sui mali del mondo era risultato chiaro fin dall’inizio: convocando la Conferenza mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra, svoltasi a Cochabamba dal 20 al 22 aprile scorso (v. Adista n. 38/10) il presidente boliviano Evo Morales era ben determinato a non lasciare che le conclusioni dell’incontro restassero lettera morta. E così, dopo averle consegnate, il 26 aprile, ai negoziatori della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, accompagnate da “una proposta tecnica”, Morales ha voluto presentarle, il 7 maggio, al Palazzo di vetro dell’Onu, anche agli ambasciatori del cosiddetto G77+Cina, il gruppo di cui fanno parte in realtà non 77 ma circa 130 Paesi in via di sviluppo, i meno responsabili del cambiamento climatico ma anche quelli maggiormente colpiti dal grave impatto del riscaldamento globale. Sono, in grande maggioranza, i Paesi che non contano nulla, quelli che non vengono invitati agli incontri ristretti in cui si prendono le vere decisioni, ma uniti rappresentano i due terzi dei Paesi che compongono le Nazioni Unite, abbracciando circa l’80% della popolazione mondiale: ha dunque ragione il presidente boliviano a ricordare come stia proprio nelle loro mani “la possibilità di salvare il futuro dell’umanità e del pianeta terra e di far ascoltare e rispettare la voce dei nostri popoli”. È, afferma, “la forza dell’unità delle sardine di fronte agli squali”: “Quando ci mettiamo d’accordo, non c’è forza che ci fermi, che ci trattenga”. E la possibilità di un accordo dovrà necessariamente passare per una scelta tra due cammini opposti: “salvare il capitalismo o salvare la vita e la Madre Terra”. Sarà la prossima Conferenza sul clima, prevista a dicembre a Cancún, in Messico, a mostrare se le sardine avranno imparato la lezione.

Un convinto appoggio alle conclusioni della Conferenza di Cochabamba viene, intanto, anche da diverse realtà del mondo religioso, dal Consiglio latinoamericano delle Chiese al Consiglio ecumenico delle Chiese, dall’Associazione di Teologi/he del Terzo Mondo ad Amerindia, che, in un loro comunicato, esprimono profonda preoccupazione riguardo ai cambiamenti climatici e ai loro effetti sulla vita specialmente delle persone più povere e vulnerabili, evidenziando la responsabilità delle religioni “nella legittimazione di sistemi che portano il nostro pianeta al collasso” ma anche l’importanza del ruolo che esse possono giocare nella “ricerca di una vita in armonia con l’ambiente, con le future generazioni e con il cosmo”.

Di seguito, in una nostra traduzione dallo spagnolo, ampi stralci del discorso tenuto da Evo Morales alle Nazioni Unite, seguiti dalla Dichiarazione ecumenica “Verso una nuova spiritualità di convivenza rispettosa”. (claudia fanti)

UNA DEMOCRAZIA MONDIALE PER LA VITA E LA MADRE TERRA

di Evo Morales Aymaevo_morales

Sono qui per condividere le conclusioni della Prima Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra, realizzata dal 20 al 22 aprile a Cochabamba, in Bolivia. Ho convocato questa Conferenza perché a Copenhagen non si è dato ascolto né si è prestato attenzione alla voce dei popoli del mondo e neppure sono stati rispettati i procedimenti su cui gli Stati avevano raggiunto un consenso.

A questa Conferenza hanno partecipato 35.352 persone, di cui 9.254 delegati stranieri, in rappresentanza di movimenti e organizzazioni sociali di 140 Paesi dei cinque continenti. E abbiamo contato sulla presenza di delegazioni di 56 governi.

I dibattiti all’interno della Conferenza sono stati organizzati in 17 Gruppi di Lavoro. Il documento intitolato “Accordo dei Popoli” adottato dalla Prima Conferenza è un riassunto delle conclusioni di questi 17 Gruppi di Lavoro. Tra tutti questi documenti voglio sottolineare il progetto di Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra.

Come Stato Plurinazionale della Bolivia abbiamo presentato formalmente queste conclusioni, lo scorso 26 aprile, al processo di negoziazione della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico, insieme ad una proposta tecnica.

Il governo dello Stato Plurinazionale della Bolivia ha convocato questa Conferenza perché i Paesi cosiddetti sviluppati non hanno adempiuto al loro obbligo di adottare impegni sostanziali di riduzione di emissioni di gas ad effetto serra alla Conferenza di Copenhagen sul Cambiamento Climatico dello scorso anno.

Se questi Paesi avessero rispettato il Protocollo di Kyoto e si fossero accordati per ridurre sostanzialmente le proprie emissioni all’interno delle proprie frontiere, la Conferenza di Cochabamba non si sarebbe resa necessaria.

La forza dell’unità

Personalmente, sono convinto che l’unico modo di garantire un risultato positivo a Cancún sia quello di poterunione_fa_forzacontare sull’ampia partecipazione dei popoli del mondo e sulla più ferrea unità dei Paesi del G77+Cina.

Nel G77+Cina sono presenti 130 Paesi in via di sviluppo, che sono i meno responsabili del cambiamento climatico e che, tuttavia, sono quelli maggiormente colpiti dal grave impatto del riscaldamento globale. Rappresentiamo i due terzi dei Paesi che integrano le Nazioni Unite, abbracciando circa l’80% della popolazione mondiale. Nelle nostre mani risiede la possibilità di salvare il futuro dell’umanità e del pianeta terra e di far ascoltare e rispettare la voce dei nostri popoli.

Per questo sono venuto qui a condividere le conclusioni con il G77+Cina!

Tutti sappiamo che esiste tra di noi una grande diversità di posizioni politiche, economiche e culturali. Questa è la nostra forza. La diversità nell’unità. So che esistono differenti criteri nel nostro gruppo, ma so anche che, quando ci mettiamo d’accordo, non c’è forza che ci fermi, che ci trattenga. Questa è la forza dell’unità delle sardine di fronte agli squali. È quanto è successo all’ultima riunione sul cambiamento climatico, a Bonn, dal 9 all’11 aprile: abbiamo impiegato del tempo a metterci d’accordo, ma, una volta raggiunto il consenso all’interno del G77+Cina, il resto dei Paesi sviluppati ha dovuto adeguarsi.

Voglio cominciare evidenziando i punti di incontro, di convergenza, tra il G77+Cina e la Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra.

Il primo punto di incontro è la necessità di preservare e far rispettare il Protocollo di Kyoto. Vale a dire, che i Paesi sviluppati assumano impegni sostanziali di riduzione di emissioni di gas ad effetto serra nel quadro del Protocollo di Kyoto.

Nel G77+Cina nessuno sta proponendo di liquidare o diluire il Protocollo di Kyoto. Tutti coincidiamo sul fatto che i Paesi industrializzati, che hanno la responsabilità storica delle emissioni di gas ad effetto serra, debbano onorare i loro impegni ed obblighi nel quadro dei trattati internazionali sul cambiamento climatico.

La Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra esige dai Paesi sviluppati la riduzione di un 50% delle loro emissioni di gas ad effetto serra, all’interno delle loro frontiere, rispetto ai livelli del 1990, per la seconda fase del Protocollo di Kyoto.

Attualmente, le offerte di riduzione delle emissioni dei Paesi sviluppati presentano, nel migliore dei casi, appena un taglio del 2% rispetto ai livelli del 1990.

Alla Conferenza di Cochabamba nessuno ha proposto di sostituire la metodologia del Protocollo di Kyoto con impegni volontari di riduzione di emissioni che non siano in rapporto a una meta mondiale e in cui non sia possibile confrontare gli sforzi di questo o di quel Paese sviluppato.

L’Accordo dei popoli afferma: “Gli Stati Uniti, unico Paese industrializzato a non aver aderito al Protocollo di Kyoto, deve procedere a ratificarlo impegnandosi a compiere gli obiettivi di riduzione delle emissioni in tutto il suo apparato economico”.

Il secondo elemento di convergenza tra la Conferenza Mondiale dei Popoli e il G77+Cina è dato dalla necessità che questa riduzione di emissioni da parte dei Paesi sviluppati sia la più profonda possibile, per stabilizzare l’incre-mento della temperatura, per quanto è possibile, a un livello tra un grado e un grado e mezzo centigrado.

Qui tutti i Paesi in via di sviluppo sanno che un aumento maggiore della temperatura avrebbe conseguenze gravi per le zone costiere, per i ghiacciai e per l’Africa, oltre che per l’approvvigionamento di alimenti. Tutti qui nel G77+ Cina siamo decisi ad evitare che un solo Stato insulare venga sommerso dalle acque.

Debiti da saldare

Un terzo punto di incontro tra il G77 e la Conferenza è dato dal tema del debito climatico che i Paesi sviluppati hanno contratto con i Paesi in via di sviluppo. Nella Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico si è discusso molto di questo concetto, individuandone diverse componenti.

Una prima componente è la restituzione dello spazio atmosferico che è stato occupato dai Paesi sviluppati con le loro emissioni di gas ad effetto serra, a scapito dei Paesi in via di sviluppo. I Paesi sviluppati devono decolonizzare l’atmosfera per rendere possibile un’equa distribuzione dello spazio atmosferico tra tutti i Paesi, in base alla loro popolazione.

Una seconda componente è il debito con i migranti per cause climatiche che già ammontano a 50 milioni nel mondo e che nel 2050 potrebbero raggiungere una cifra tra i 200 milioni e il miliardo. Per onorare questo debito, i Paesi sviluppati, responsabili del cambiamento climatico, devono aprire le loro frontiere per ricevere i migranti. È assolutamente inaccettabile una legge migratoria come quella del-l’Arizona o come la Direttiva Ritorno dell’Unione Europea.

Una terza componente è il debito con la nostra Madre Terra, perché sono stati colpiti non solo gli esseri umani e i Paesi in via di sviluppo, ma anche la natura. Per onorare questo debito, la Prima Conferenza Mondiale dei Popoli considera fondamentale discutere qui, nell’ambito delle Nazioni Unite, una proposta di Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra che stabilisca gli obblighi di tutti gli esseri umani nei confronti della natura e che riconosca i limiti che devono essere posti all’attività umana per preservare il pianeta Terra.

Alcuni dei diritti della natura che vi vengono riconosciuti sono: il suo diritto alla vita e all’esistenza; il diritto alla rigenerazione della sua biocapacità e al mantenimento dei suoi cicli e dei suoi processi vitali liberi da manipolazioni da parte dell’uomo; il suo diritto ad essere libera dalla contaminazione e dall’inquinamento, dai rifiuti tossici e radioattivi; il suo diritto a non essere alterata geneticamente e modificata nella sua struttura né ad essere minacciata nella sua integrità o nel suo funzionamento vitale.

Speriamo che questa proposta di Dichiarazione dei Diritti della Madre Terra si inizi a discutere e ad analizzare nell’ambito dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

In ultimo c’è la componente economica del debito climatico dei Paesi industrializzati nei confronti dei Paesi indebitovia di sviluppo, che comprende l’aspetto dell’adattamento e quello dello sviluppo.

Riguardo al tema del finanziamento, la Conferenza Mondiale dei Popoli ha considerato come per il cambiamento climatico si debba destinare una quantità di fondi analoga a quella delle spese militari e di sicurezza.

La somma di 10 miliardi di dollari offerta dai Paesi sviluppati rappresenta meno dell’1% di tutto quello che essi spendono per la Difesa. Non è possibile che per la guerra e la morte si destinino risorse 120 volte superiori a quelle necessarie per la difesa della vita e della nostra Madre Terra.

I Paesi sviluppati devono impegnarsi ad un nuovo finanziamento annuale, aggiuntivo rispetto all’Aiuto Ufficiale allo Sviluppo e di carattere pubblico per affrontare il cambiamento climatico nei Paesi in via di sviluppo. Questo finanziamento deve essere diretto, senza condizioni e rispettoso della sovranità nazionale. (…).

La Prima Conferenza Mondiale dei Popoli propone la creazione di un meccanismo multilaterale e multidisciplinare per il trasferimento di tecnologie. Queste tecnologie devono essere utili, pulite e socialmente adeguate (…) e libere dai di-ritti di proprietà intellettuale, in particolare dai brevetti, che devono passare dal monopolio privato al dominio pubblico.

E le emissioni aumentanoemissioni

La Prima Conferenza ha constatato che i Paesi sviluppati hanno incrementato le loro emissioni di un 11,2% nel periodo compreso tra il 1990 e il 2007, e ciò malgrado il loro proposito di coadiuvare la riduzione con meccanismi di mercato. (…).

La recente crisi finanziaria ha dimostrato come il mercato sia incapace di regolare il sistema finanziario e come sarebbe una totale irresponsabilità lasciare nelle sue mani la cura e la protezione della stessa esistenza umana e della nostra Madre Terra.

In questa linea, la Conferenza ha considerato inammissibile che nei negoziati in corso si vogliano creare nuovi meccanismi che amplino e promuovano il mercato del carbonio.

(…) Rispetto al tema dell’agricoltura, anch’esso ampiamente dibattuto, si è adottato il concetto di sovranità alimentare, che va oltre quello della sicurezza alimentare, implicando non solo il diritto all’alimentazione, ma anche il di-ritto dei popoli a controllare sementi, terre, acqua e tecnologia per una produzione di alimenti in armonia con la Madre Terra e a servizio di tutta la comunità, non solo dei segmenti più ricchi della popolazione. (…).

Nei negoziati e nell’applicazione degli accordi sul cambiamento climatico è necessario garantire pienamente i diritti dei Popoli indigeni.

La Conferenza ha anche proposto un nuovo tema da discutere nei negoziati sul cambiamento climatico e in maniera più ampia qui nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: la creazione di un Tribunale di Giustizia Climatica e Ambientale per giudicare i Paesi sviluppati che vengano meno ai loro impegni e sanzionare gli Stati e le imprese che compromettano i cicli vitali della Madre Terra.

Tra i nostri popoli c’è molta preoccupazione per il fatto che gli accordi internazionali che sottoscriviamo rimangono lettera morta. Per questo c’è interesse a creare meccanismi vincolanti che garantiscano il rispetto di tali accordi e siano in grado di giudicare e sanzionare le violazioni dei Trattati Internazionali in materia ambientale e climatica.

Un’altra proposta ha a che vedere con la necessità di convocare un Referendum Climatico perché la popolazione mondiale possa decidere cosa fare riguardo a un tema di tale importanza com’è il cambiamento climatico.

dollariO il capitalismo o la vita

La Conferenza di Cochabamba ci ha messo di fronte alla sfida di iniziare ad immaginare e a promuovere una democrazia mondiale, in cui i temi più importanti per l’umanità vengano decisi da tutti i popoli. Per portare avanti tutte queste proposte, la Conferenza ha deciso di avviare la costruzione di un Movimento Mondiale dei Popoli per la Madre Terra.

La Conferenza di Cochabamba si è soffermata ad analizzare il tema dello sviluppo e del genere di sviluppo che vogliamo.

Questi i principali punti di consenso:

Non può esserci uno sviluppo infinito in un pianeta finito.

Il modello di sviluppo che vogliamo non è quello dei cosiddetti Paesi sviluppati, perché è insostenibile e impraticabile in un pianeta finito e dalle risorse naturali limitate.

Affinché i Paesi in via di sviluppo rispondano alle necessità delle proprie popolazioni senza danneggiare il pianeta  Terra, è essenziale che i Paesi sviluppati riducano i propri livelli di consumo e di spreco.

Per raggiungere uno sviluppo in armonia con la natura è necessario realizzare allo stesso tempo l’armonia tra gli esseri umani attraverso un’equa distribuzione della ricchezza.

La Prima Conferenza Mondiale dei Popoli ha proposto che nei negoziati sul cambiamento climatico si analizzino le cause strutturali del riscaldamento globale e si avanzino proposte alternative di carattere sistemico.

Per la Prima Conferenza Mondiale dei Popoli, la causa di fondo della crisi climatica è il sistema capitalista. Quello che stiamo vivendo non è solo una crisi climatica, una crisi energetica, una crisi alimentare, una crisi finanziaria… ma anche una crisi sistemica del capitalismo che sta conducendo alla distruzione dell’umanità e della natura. Se la causa è sistemica, la soluzione deve essere anch’essa sistemica. Per questo, nella Conferenza dei Popoli si è discusso a fondo del tema delle alternative per il vivir bien in armonia con la natura.

Per concludere, la Conferenza ha considerato che per costruire un futuro bisogna apprendere dal passato, chelezioni_di_vitacontinua ad essere presente tra di noi, attraverso la presenza dei popoli indigeni che in tutto il mondo hanno preservato forme di vita in armonia con la natura.

Stimati ambasciatori del G77+Cina, credo che il modo migliore di rafforzare la nostra unità e la nostra azione nei negoziati sia quello di promuovere il consenso tra di noi e di discutere in maniera franca e sincera i nostri diversi criteri e le nostre diverse posizioni.

Su questa strada è fondamentale che non si ripetano situazioni come quelle di Copenhagen dell’anno passato. Dobbiamo far rispettare l’accordo fissato nel Piano d’Azio-ne di Bali e difeso dal G77+Cina, che cioè i negoziati sul cambiamento continuino attraverso le due corsie dell’“A-zione di Cooperazione a lungo termine” e del “Protocollo di Kyoto”.

Nella nostra unità sta la forza per garantire che questi negoziati siano ampiamente partecipativi e trasparenti, che si rispetti l’uguaglianza di diritti di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, grandi e piccole, e si ascolti e si rispetti la voce dei nostri popoli.

Nell’unità dei Paesi in via di sviluppo sta la forza per forgiare un nuovo mondo basato sull’armonia tra gli esseri umani e con la nostra Madre Terra.

Signori ambasciatori e ambasciatrici, la risposta al riscaldamento globale è quella della democrazia mondiale per la vita e la Madre Terra. Facciamo in modo di essere puliti e attivi oggi per l’umanità piuttosto che tossici e reattivi domani contro la natura. Pertanto, stimati ambasciatori, abbiamo solo due cammini, salvare il capitalismo o salvare la vita e la Madre Terra.

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