In questi giorni lo fanno un po’ tutti. Sui giornali, nei circoli, nei club, nelle sezioni, nei bar, nelle case. Dal valutare l’esito delleelezioni regionali elezioni nessuno si esime. E per fortuna! Lo dico perché credo che anche questo esercizio sia un sintomo che lo stesso fenomeno dell’astensione – così elevato – non è disinteresse politico, come non è per niente sensato tacciare di antipolitica il voto attribuito al movimento “5 stelle” di Beppe Grillo. Certo non è un bel momento per la politica, ma dare la colpa dei propri insuccessi a chi ha inviato il segnale del disagio o della sfiducia per nascondere i propri errori è soltanto “infantile”. È ciò che fanno i bambini di fronte a una marachella scoperta. Cercano subito di attribuire ad un altro la responsabilità.

Credo che anche nel mio partito, il PD, si debba senza timori andare a fondo per scoprire gli errori. Il rischio, invece, di cercare prevalentemente le scusanti, è ben presente soprattutto nella classe dirigente che – come sosteneva il 3 aprile scorso  Nadia Urbinati in un fondo di Conchita De Gregorio su l’Unità – non sempre è abbastanza “libera” da poterlo fare.

Ma oltre ai partiti, ci sono altri luoghi nei quali avviare il confronto e l’analisi, le associazioni. Una di queste, Argomenti 2000 (http://www.argomenti2000.it/), la cui newsletter ricevo puntualmente, affronta proprio il tema della valutazione dei risultati elettorali, indicando anche due iniziative prossime aperte a tutti, con un contributo di Ernesto Preziosi, direttore della Promozione Istituzionale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Lo riporto volentieri, ripromettendomi un commento personale a partire anche dai dati del Comune di Castel San Pietro: quelli relativi al Presidente e quelli dei partiti.

“Difficile misurarsi su di uno scenario che ci presenta un copione già noto, con varie repliche che ormai non cambiano più di tantoErnesto Preziosi tonalità, ma destano comunque preoccupazione. Mentre dobbiamo registrare l’inadeguatezza delle voci che dovrebbero svolgere il compito di opposizione, e in qualche caso addirittura il silenzio di alcune di queste voci, ormai ridotte ad esprimersi con le brevi battute delle interviste, ma senza la serietà e l’organicità di un pensiero che possa mobilitare o almeno aggregare, aldilà di quelle che sono le continue schermaglie quotidiane. La mancanza di progetto domina incontrastata la scena.

È una crisi che fa pensare ad una cronicità dai contorni indefiniti e che anche per questo disorienta. Come hanno disorientato le parole ascoltate durante la manifestazione pre-elettorale a piazza San Giovanni. Non meno di alcuni commenti di questi giorni che ci dicono anche di una difficoltà ormai a reagire, a cogliere l’esatta portata di argomenti che, in tempi normali, sarebbero risibili ma che viceversa oggi aggregano una parte non indifferente del Paese.

Ha notato con rigore e senso delle istituzioni Stefano Rodotà in una lettera dopo la manifestazione di sabato 20 marzo: «E, soprattutto, “l’ignoranza è forza”. Ho ascoltato parole insensate. Ho appreso che Berlusconi ci ha salvati da un’Europa che voleva imporci la pedofilia e la “famiglia trasversale”. Ho sentito affermazioni e promesse alle quali nessuna persona sensata può dare il minimo credito. Si sono materializzate ossessioni, non programmi di governo, con l’annuncio dell’assalto finale al vertice della Repubblica». Appunto,ma dove sono le persone sensate se anche chi ricopre responsabilità di rilievo fa finta di nulla e si mostra propensa al baratto?

Oggi, dopo il risultato elettorale, ascoltiamo con preoccupazione parlare di riforme istituzionali perché i rischi di involuzioni a rischio democrazia sono reali e, dobbiamo prenderne atto, una maggioranza li sottovaluta.

Tutto ciò accade mentre il Paese attraversa una crisi di non piccola entità e di cui gli indicatori economici sono solo un aspetto.

È una crisi seria che tocca la vita delle persone, delle famiglie. Pensiamo al lavoro.

L’occupazione crolla: nel 2009 sono stati persi 380 mila posti di lavoro. E lo stesso Istat getta l’allarme: il tasso di disoccupazione medio è salito al 7,8% dal 6,8% del 2008. In questo momento in Italia i senza lavoro sono oltre due milioni. E non consola sapere, come dice il ministro del Welfare Sacconi, che in Europa si registrano dati peggiori.

È una situazione che chiede che chi può, cerchi di offrire ogni possibile alternativa.

Come ci siamo detti più volte anche la piccola risorsa di un associazionismo motivato, può svolgere un ruolo. Percorriamo questa strada, nella speranza che altre voci più forti si levino e ci mostrino una logica di generosità e di servizio in luogo di quell’atteggiamento autoreferenziale, preoccupato proprio della singola posizione, che si è dato di vedere e non manchiamo di fare la nostra parte cominciando da una personale adesione, e dalla partecipazione ai prossimi appuntamenti.

Stiamo organizzando un incontro per una valutazione dei dati elettorali nel secondo pomeriggio del giorno 30 aprile a Roma.

Un secondo incontro è previsto per sabato 8 maggio a Sotto il Monte, nei pressi di Bergamo, per affrontare un tema d’attualità e per tanti versi “limitrofo” al nostro tentativo di impegno rivolto alla politica. Una riflessione che offra, a quanti si formano nell’associazionismo, un’occasione e un sostegno per la testimonianza nel mondo sociale e politico: “ASSOCIAZIONISMO E FORMAZIONE DI MENTALITÀ”. Il titolo è indicativo ma allude alla difficoltà con cui l’associazionismo tradizionale oggi forma cultura, appartenenza. Un modo per esprimere alcune riflessioni sulle trasformazioni in atto nel mondo cattolico italiano. La scelta del luogo è legata anche alla possibilità di avere con noi, per una testimonianza, mons. Loris Capovilla per ascoltare una parola che ci riporti a scenari di speranza. Perché qui sta una delle sfide appassionanti dell’ora presente: essere capaci di speranza. Che con riferimento alla situazione politica vuol dire essere capaci di progetto, di disegnare scenari futuri su cui puntare e su questi costruire consenso. Non è cosa da poco e chiede l’impegno di tanti.”

Ernesto Preziosi

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