bettazzi-2Mi è sembrata una logica conseguenza. Dopo la laica indignazione di Stéphane Hessel, non posso fare a meno di pubblicarequest’altro bell’esempio di indignazione, decisamente mirata, senza ambiguità né ipocrisi

È la risposta di monsignor Bettazzi, attraverso una lettera aperta, al suo collega vescovo di San Marino che – schierato impavidamente con il governo di Berlusconi (senza – ovviamente – nominarlo mai) – giustifica anche i comportamenti privati di quest’ultimo in nome delle scelte annunciate a proposito dei temiGesu e mercanticosiddetti non negoziabili, ma in realtà in nome di scelte ben più prosaiche, come l’esenzione da certe imposte, i finanziamenti alle scuole private e via di questo passo. Di fronte a questo minimizzare ad arte (il fine giustifica i mezzi) e a questo incomprensibile suggerire la sofferenza come giusto atteggiamento cristiano, non essendo atteggiamento cristiano l’indignarsi, monsignor Bettazzi prende posizione: diamine! Anche Gesù – che quanto a sofferenza è un bell’esempio – si indignava, eccome!. Grazie a Dio la Chiesa sa esprimersi anche con testimoni così. Peccato che questo vescovo emerito abbia quasi 88 anni. Qualcosa di meno di Hessel, ma sempre parecchi. Lunga vita, Monsignore!

E questa è la lettera:

Venerato Confratello,

mi è stato segnalato l’articolo che Lei ha inviato al settimanale “Tempi”, confermato da un’intervista a La Stampa.

Questo ha stimolato la mia antica abitudine di scrivere “lettere aperte”; avevo già respinto la tentazione di farlo con i nostri Superiori, non ritenendolo corretto, mi permetto di farlo ora con Lei, Vescovo autorevole, ma sempre a livello di responsabili – anche se io sono emerito – di diocesi comuni.

Perché, per quanto giro in Italia, sento spesso la lamentela dei cristiani di fronte alla mancanza di “indignazione” – che Lei dice non essere “atteggiamento cattolico” – di noi vescovi di fronte al malcostume della politica, e non solo per gli scandali “privati”, ma anche per la moda invalsa di leggi ad personam, proposte – si dice – per difendersi da una Magistratura che esorbita dalla sue funzioni (Lei lo dice “muoversi con prepotenza”), ma che in realtà non fa che assicurare che la legge sia uguale per tutti.

Anche se non poche di queste accuse vengono dimostrate serie e verosimili, dal fatto che si pensa non di difendersi da esse, ma di scavalcarle con leggi specifiche e con ben calcolate prescrizioni.

Quanto all’indignazione, anche Gesù più di una volta si è indignato, e proprio contro chi utilizza la posizione pubblica a difesa dei propri interessi personali o di casta.

Ella rivendica, nella espressa difesa del Governo e del suo Presidente, l’appoggio che essi danno ai “principi non negoziabili”, quali la difesa della vita al suo inizio e al suo termine o della famiglia naturale: e questo giustificherebbe il sostegno, senza indignazione, ad un Governo che si mostra invece insensibile di fronte a quello che è il fondamentale “principio non negoziabile”, che è la solidarietà; perché se questa si esprime davanti alle vite più deboli, come sono appunto quella iniziale e quella terminale, ma, per essere convincente, deve impegnarsi anche contro tutte le vite minacciate, come sono quelle di quanti sfuggono la miseria insopportabile o la persecuzione politica, che sono invece fortemente condizionate dal nostro Governo (quante vite umane sono sparite nel nostro mare o per le imposture della Libia ! ).

Anche per le consonanze cristiane non si è fatto nulla per favorire la vita nascente con leggi che incoraggino il matrimonio e la procreazione, come ha fatto la “laica” Francia.

Ella ribadisce che, dei politici, andrebbe valutato solo il comportamento pubblico (appunto, così contrastante dunque con il primo principio “non negoziabile”, quello della solidarietà) e non quello privato, pur così poco favorevole sia alla famiglia che alla vita nascente; ma già gli antichi ammonivano che “noblesse oblige”, cioè che chi sta in alto deve dare il buon esempio, perché esso – tanto più in quest’era mediatica – influisce sull’opinione pubblica.

Ed è questo che dovrebbe preoccupare noi vescovi, cioè il diffondersi, soprattutto nei giovani, dell’opinione che quello che conta è “fare i furbi”, è riuscire in ogni modo a conquistare e difendere il proprio interesse, il bene particolare, anche a costo di compromessi, come abbiamo visto nei genitori e nei fratelli che suggerivano alle ragazze di casa di vendersi ad alto prezzo.

Non solo così si diffonde l’idolatria del “fare soldi” e del “fare quello che si vuole”, che Gesù indica come la vera alternativa a Dio

(“o Dio, o mammona”), ma la stessa CEI da anni, soprattutto nelle Settimane Sociali, insiste sul primato del “bene comune” come impegno specifico dei cristiani !

E invece i giovani hanno poche speranze di un lavoro stabile, gli operai – soprattutto se donne – non sono difesi dai ricatti dei “padroni”, mentre gli stessi immigrati sono respinti, sfruttati, troppo spesso ricattati perché, se “in nero”, non possono protestare: giustamente Lei si richiama alla speranza che viene da Cristo, ma questa va “incarnata” nella vita concreta.

All’indignazione Ella contrappone la sofferenza, e la richiede in primo luogo per la persecuzione dei cristiani; credo che se silenzi ed esitazioni ci sono stati lo siano stati in primo luogo dal Governo, preoccupato per eventuali ricadute economiche o politiche.

Ed anche la libertà dei cristiani e delle loro opere va rivendicata come uguaglianza ma senza privilegi, proprio per il compito che la Chiesa ha assunto nel Concilio di farsi promotrice di libertà e di sviluppo per tutta l’umanità.

So, caro Vescovo, che la Sua difesa del Governo interpreta il sentimento di una certa parte del mondo cattolico; credo però che essa debba tener conto delle tante contraddizioni che questo ignora – anche per la manipolazione dei media – e che rendono così sconcertata e sofferente tanta parte dello stesso mondo cattolico, proprio anche per certe presunte coperture di noi Vescovi.

Con fraterno augurio per la Sua diocesi – dei cui ho avuto compagni di scuola nel Seminario Regionale di Bologna – in particolare per la imminente Visita del S. Padre.

+ Luigi Bettazzi Vescovo emerito di Ivrea

Per necessaria documentazione, alleghiamo qui di seguito i testi di mons.Negri

Intervento sulla rivista ‘Tempi’

“Mi sembra che in questa guerra tra politica e magistratura, la seconda abbia già vinto. È lei ormai a fissare le regole senza avere alcun punto di riferimento o argine nell’apparato statale. Il potere giudiziario italiano è una realtà indipendente e sovrana che non risponde a nessuno dei suoi atti. Non si era mai vista una magistratura muoversi con la prepotenza con cui lo sta facendo oggi quella del nostro paese.

La moralità dei politici va giudicata dall’impegno nel perseguimento del bene comune che, come ci insegna il magistero della Chiesa, consiste nella libertà della Chiesa e nel benessere del popolo.

L’indignazione non è un atteggiamento cattolico. Tutti gli uomini di buona volontà, che sono più di quelli che sembra al di là di ogni schieramento partitico, devono guardare e portare la situazione con sofferenza, non con indignazione. Sofferenza per un confronto intriso di un odio che si sta diffondendo nella vita del nostro paese, devastando i cuori e le coscienze dei giovani che crescono pensando che il disprezzo sia il modo normale di agire e di vivere i rapporti. (…)

Ora, questo governo è fermo e non ha fatto abbastanza: non sta salvaguardando a sufficienza né la vita, né la famiglia, né la libertà di educazione. Ma se il centrodestra non ha fatto abbastanza, almeno non ha combattuto chi nella società cerca di promuovere il bene comune.

Il Vescovo di san Marino in una intervista alla Stampa

“Le incoerenze etiche di un governante non distruggono il benessere e la libertà del popolo, gli attacchi alla famiglia e alla sacralità della vita devastano la vita sociale”. Lo afferma, in un’ intervista alla Stampa, il vescovo di San Marino-Montefeltro, Luigi Negri, presidente della fondazione per il Magistero sociale della Chiesa, sottolineando che “da sempre alla Chiesa interessa ciò che un governante fa per il bene del Paese. Sul piano della condotta individuale indirizziamo a Berlusconi le stesse raccomandazioni rivolte a chiunque altro. Sui comportamenti personali il giudizio spetta solo a Dio”. Dopo le parole del premier su unioni gay e adozioni ai single, e l’esortazione alla ‘pacificazione’ tra i poteri venuta dal cardinale Bagnasco, “ci sono le condizioni per orientare cattolicamente la restante parte della legislatura verso principi non negoziabili: vita, famiglia, libertà di istruzione”. Il vescovo ribadisce che “un politico è più o meno apprezzato moralmente in base a quanto si impegna a vantaggio del bene comune”. E “a far male alla società sono i Dico, la legislazione laicista, la moralità torizzata e praticata da quanti inondano di chiacchiere sulla rilevanza pubblica di taluni comportamenti privati”. La “moralità personale – conclude – è importante e Berlusconi va richiamato come tutti, ma nella sua storia la Chiesa interviene sulla promozione del bene comune e su ciò valuta un’autorità pubblica”

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