È arrivata ieri. Una nuova mail di Justin con le foto della consegna del riconoscimento da parte della SAJECEK (Sinérgie des Associations des Jeunes pour l’Éducation Civique, Électorale et la promotion de leadership cohésif au Sud Kivu) del Brevet de Mérite di cui avevo già avuto occasione di parlare.

Ne approfitto per aggiungere una piccola “galleria fotografica” alla quale aggiungo alcune immagini dell’inaugurazione degli acquedotti di Muzinzi e Mubone dei primi giorni di febbraio 2005 che molti amici di Castel San Pietro e non solo non hanno mai visto.

Sono immagini di opere delle quali Castel San Pietro può andare giustamente orgogliosa in attesa di notizie sulla conclusione dei lavori dell’ultimo acquedotto, quello di Mulamba.

Vorrei, con questo, mostrare lo slancio operoso che può nascere e prodursi quando gli esseri umani aprono il loro cuore alla cooperazione senza secondi fini, unicamente tesi a promuovere sviluppo materiale e morale.

La mail di Justin …

Chers tous,

Voici quelques images à la fin de la ceremonie ou nous avons reçu l’insigne honneur d’etre déclaré HERO VIVANT du Sud-Kivu.

J’y joins le Brevet de Merite reçu.

Veuillez y trouver, tous, votre participation car sans vos encouragements et encadrements nous n’y serons pas arrivé.

Pour ceux qui connaissent Pierre KABEZA, il a aussi été proclamé HERO VIVANT et il est sur la photo avec moi.

Avec amitiés, Ir Justin NTABOBA BOMBOKO.

le foto della festa … e qualche ricordo di sabato 5 febbraio 2005 dai miei appunti di viaggio, un’altra immensa festa per l’inaugurazione degli acquedotti di Muzinzi e Mubone

Bukavu, domenica 6 febbraio 2005

Ieri, giornata indimenticabile.

Il viaggio è lunghissimo. Sono previste tre ore di pista sulle terre rosse della regione.

Vengono a prenderci il Sindaco di Bukavu che rappresenta anche il Governatore, e la scorta di sicurezza costituita da una camionetta sulla quale siedono due militari davanti e sei sulla panchetta centrale. Hanno tutti il mitra e sono provvisti di razzi anticarro. Non hanno un atteggiamento fraternizzante. Qui la guerra non è finita del tutto.

Nel primo “suv” ci siamo il Sindaco di Bukavu, Dédé, Lorenzo, Elisa, Beatrice ed io oltre ad uno chauffeur veramente in gamba. Altri due “fuori strada” completano la carovana. La scorta apre la strada con molta abilità. Se qualcuno non si scosta, allungano minacciosamente la gamba.

Passiamo sfrecciando attraverso le “avenues” di Bukavu: Place de la Paix, il rond point de l’Indipendence con il suo monumento azzurro al centro e una grande tribuna. Oltrepassiamo la fabbrica della birra Primus e gli stabilimenti dell’Azienda farmaceutica che produce il chinino contro la malaria.

Come sempre, i mercati sono affollati.

Oltrepassiamo anche il porto e prendiamo a sinistra per una strada che subito sale.

Di qua e di là sempre persone, gruppi, donne cariche di legna, di cipolle e altri prodotti che portano al mercato. Vanno ogni giorno a vendere i frutti della terra che coltivano o che – semplicemente – raccolgono. E a trasportare i pesi maggiori, sotto schiene ricurve, sempre le donne.

Intanto arriviamo a Bagira dove c’è una grande chiesa con grandi opere parrocchiali.

Oltrepassata Bagira il cellulare non ha più campo, ma a Kabare, dopo quasi un’ora e mezzo di viaggio, si vedono spuntare come funghi i “baracchini” rossi di coloro che vendono le schede telefoniche Celtel per chi ha i numeri congolesi. Nonostante ne abbia uno, il mio cellulare non prende. Avanti un’altra mezzora lungo questa pista di terra rossa sulla quale non conta neanche fare lo slalom per evitare sconnessioni del terreno che fanno sobbalzare il “suv” a tal punto che qualcuno un po’ distratto batte la testa contro il vetro. Ma … nessun problema.

Arriviamo così al posto di blocco di una guarnigione militare davanti alla quale fa bella(?) mostra di sé un soldato in mimetica verde appostato su una camionetta provvista di un minaccioso fucile mitragliatore.

Il Sindaco di Bukavu, io e Justin Ntaboba (Coordinatore locale del Gruppo degli amici di don Beppe) dobbiamo recarci a salutare il Comandante della Guarnigione che opera all’interno di una bassa costruzione in pietra circondata da soldati, in uno spazio – appena dentro – seduto davanti a un tavolino senza nulla sopra. E’ un tipetto giovane, basso e magro, dal viso scavato e asciutto, con una t shirt grigio verde e un paio di bermuda. È l’unico a non indossare una divisa.

Ci fa sedere e intanto continua a urlare al cellulare frasi incomprensibili in kiswahili. Passa al francese quando dà ordini a un sottoposto di andare da qualche parte: “Tout de suite, tout de suite!”. Ci informa di un’operazione contro gli sbandati dell’Interhamwe che ha procurato loro anche qualche perdita e dei feriti.

È contento che gli abbiamo fatto visita e lo abbiamo informato dei nostri obiettivi. Non aggiunge molte altre parole. Ci dice – ciò che più interessa – che possiamo passare e possiamo stare tranquilli: quelli dell’Interhamwe sono discretamente decentrati rispetto alla strada che ancora dobbiamo percorrere. Si alza la sbarra del posto di blocco.

Possiamo ripartire. Si sale parecchio di quota e in alcuni punti il paesaggio somiglia molto a quello alpino: ci sono prati e in alcune posizioni spunta la roccia. Ogni tanto la strada costeggia un villaggio, sembra sempre di essere ormai arrivati, ma ora ridiscendiamo un bel po’. La zona è punteggiata dai villaggi dei quali appaiono le capanne sempre circondate da una vegetazione folta e lussureggiante. Sono proprio come quelli dei film documentari, con le capanne rotonde coperte da un tetto a cono di foglie secche di palma.

Siamo ormai davvero vicini. Un grande spiazzo per il mercato con le installazioni per mostrare la merce: sono scheletri di capanna di solo bastoni. C’è anche la scuola, molto grande: tre lunghe teorie di baracche di legno, lungo tre lati dei quattro di un grande spazio rettangolare.

Finalmente ci appare, quasi all’improvviso, il gruppo delle donne di Muzinzi che cantano e ballano per noi e ci danno il benvenuto.

Scendiamo lungo la china della collina, tutti insieme per raggiungere il primo serbatoio, quello che raccoglie l’acqua della sorgente, dal quale parte il condotto che porta l’acqua a Muzinzi e a Mubone. Si è dovuto discutere molto, ma infine i due villaggi hanno trovato un accordo: la sorgente è in territorio di Muzinzi, ma – stabilite alcune regole per l’accesso e la manutenzione – tutto ha proceduto con successo e l’acquedotto ha potuto essere costruito.

Seguiamo tutto il tragitto della conduttura tra i campi, vediamo le vasche di decantazione e poi risaliamo fino al punto più alto dove c’è un serbatoio con la foto della mamma di Bruno Guerrini.

L’inaugurazione vera e propria si fa lì su una bella spianata dove per l’occasione hanno eretto un grande tendone ben teso sotto il quale sono pronte le poltrone e i tavolini per le autorità, il seguito e tutti coloro che hanno avuto parte attiva nell’installazione degli acquedotti.

Il programma prevede molti interventi. C’è anche un cerimoniere vero e proprio che presenta tutti i protagonisti di questa tarda mattinata.

A discorsi finiti si va al taglio del nastro, rosso e teso fra due pali davanti al serbatoio.

Faccio due tagli in modo che resti una fettuccia dalla quale ritagliare alcuni altri piccoli lembi da distribuire alle autorità del villaggio.

Tutto è sempre accompagnato da danze e canti con parole di ringraziamento per le persone, di apprezzamento per la realizzazione dei due acquedotti. Occorre – pertanto – che qualcuno apra il rubinetto e faccia scorrere quel prezioso elemento dalla fontana più vicina. Tocca al Sindaco di Castel San Pietro che si lava le mani, beve un sorso e si passa le mani sul volto.

Quell’acqua è proprio buona. In tutti i sensi. E così vanno tutti alla fonte e tutti si sciacquano e bevono, anche perché la sete, dopo tutto quel tragitto sotto il sole, si fa sentire. È tutto uno scattare di foto, alla fontana, alle persone felici, alle donne del luogo tutte vestite a festa, ai bambini.  Si torna ancora sotto il tendone e l’organizzazione distribuisce panini dolci, scatoline di squisite sardine del Marocco e coca, aranciata, sprite…

Al ritorno si passa dal serbatoio che porta l’acqua a Mubone e l’emozione di leggervi sopra

ADDUCTION D’EAU POTABLE DE MUBONE

FINANCEE PAR LES VILLES ITALIENNES DE IMOLA

ET DE CASTEL SAN PIETRO

REALISEE PAR BRAPTE

FEVRIER 2004

è veramente forte e degna di nota.

Di fronte ci sono i ruderi della vecchia scuola elementare. Qualcuno ha portato lì un discreto quantitativo di mattoni, ma Justin dice che sono pochi. Che sia un’idea?

V.Z.

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