Cioè in pieno Luna Park. Questo il primo pensiero a disturbare, stamattina, questa serena escursione dolomitica, in una zona frequentata da sempre e per tanti anni. Fatica la memoria a ricordare i nomi delle vette, delle valli, dei percorsi, ma è inevitabile essere assaliti da quei ricordi che proprio perché i primi, o i più giovanili, e quindi ormai lontani e perciò diversi, ti rimbalzano riflessioni e ti inducono a valutazioni fors’anche ingenerose.

Appunto. Un luna Park.

Risalgono ai primi anni ’60 i miei iniziali contatti con le Dolomiti. Tornavi a casa e non trovavi le parole per trasmettere le emozioni provate. Non facevi in tempo a dire un nome, di un paese, di una cima, di un sentiero e c’era sempre qualcuno che ne aveva visto un altro, sempre più bello, più alto, più lontano, più faticoso…

E sai la sete? … Per fortuna che Giorgio non aveva bevuto tutto come me che avevo vuotato la borraccia alla prima sosta!

Fino a quando, col tempo e la somma delle esperienze, diventasti tu quello che “ma tu ci sei mai stato sul Picco di Vallandro?, ma hai mai visto l’alba sul Markinkele e … con centoventi ragazzi sul Serla ti assicuro che è tutta un’altra cosa … E, a proposito di ferrate? E il sorgere del sole dietro … non ricordo bene … però! Che roba règaz!

– Basta, dai – ti sentivi rispondere …

E le provviste avevi imparato a dosarle fin dalla partenza, perché non si sa mai…

Ma poi, troppo in fretta, passavano gli anni e la smania di far provare le stesse sensazioni – e anche quel pizzico di orgoglio che provavi tu ai tuoi figli – ti spingevano a portarli con te sui sentieri e ad arrampicarsi con te su quei picchi delle Dolomiti diventati ormai parte di te stesso.Te ne eri innamorato tu? Se ne sarebbero innamorati anche loro.

Non è stato allo stesso modo per tutti, ma se oggi sono i nipoti a raccontare che sono stati al rifugio “X” o sulla cima “Y”, quelle esperienze devono aver lasciato qualche segno.

Scoprire oggi, all’arrivo della seggiovia, una sorta di luna park per grandi e piccini, mi procura istantaneamente qualche domanda.

Quali immagini, quali emozioni porteranno con sé questi bambini e questi ragazzi intenti ad “avventurarsi” lungo la risalita a cremagliera del “carrriolino” sul quale scenderanno lungo uno scivolo non più emozionante di quello del parco giochi dietro casa?

Quali indimenticabili brividi provati rimbalzando ripetutamente sul gonfiabile identico a quello sperimentato ormai mille volte alla fiera del paese, racconteranno agli amici che in vacanza sono stati a Riccione?

Forse qualcosa di più vicino all’ambiente montano il villaggio sull’albero, tutto di legno, legato però, più alle favole che alla vera vita dei montanari di queste contrade che può essere vissuta concretamente alloggiando per qualche giorno in un maso o, semplicemente, visitandolo.

Si potrà affermare che questi sono pensieri di un uomo d’altri tempi. So bene che è così, non me lo nascondo, come non nego e apprezzo che todo cambia e comprendo le giuste ragioni dello sfruttamento economico di qualsiasi territorio, compreso questo. Mi si consentirà, però, di pensare che est modus in rebus e in particolare da popolazioni che sempre hanno dato prova di grande attaccamento al proprio territorio, mi attendo quella sana cautela che continui ad evitare ogni tentazione di snaturamento

di aree di altissimo pregio affidate loro per il benessere di tutti.

E questo vale a maggior ragione per che frequenta la montagna d’estate o d’inverno e vi trascorre le giornate serene delle ferie.

Qui metto il punto, perché chi legge ha capito benissimo il senso di questa affermazione.

 

 

 

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